BRACCI Renato

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Tesserato per l’UC Livornesi, i cui canottieri sono bonariamente etichettati come “scarronzoni”. Guadagnano questo soprannome nella loro prima vittoria di buon livello, il titolo toscano di “yole a otto”, ottenuto nel giugno 1928 sul Lago di Massaciuccoli. Il vocabolo deriva dal vernacolo livornese, dal verbo “scarrocciare” ovvero deviare dalla rotta, riferito soprattutto alle barche a vela, soggette ai colpi di vento. Gli scarronzoni canottieri scarrocciano non a causa del vento, ma per la loro tecnica, piuttosto approssimativa e grezza, costruita solo sulla forza, una voga d’impeto quasi bestiale, che deriva dal loro modo di essere e sentire la vita. In effetti a bordo vi sono tipi rudi, dalle maniere forti, che non temono la fatica del duro lavoro: molti difatti sono risiatori, sommariamente definiti come scaricatori di porto. Per la precisione si tratta degli equipaggi di gozzi a dieci remi che a Livorno, quando il mare è mosso ed impedisce alle navi di entrare in porto, rimorchiano l’imbarcazione fino al molo, trascinandola con la sola forza delle braccia. Abituati e temprati a simili incarichi, per gli scarronzoni è facile far diventare redditizia in un armo per canottieri la loro remata tanto vigorosa. Difatti passati sull’otto outrigger (fuori scalmo), i livornesi mietono vittorie a raffica anche se Bracci non figura tra i titolari. Vi entra solo nel 1931, quando il 26 luglio a Como gli scarronzoni vincono nettamente il titolo italiano. Ciò vale il pass per gli Europei di Suresnes, sulla Senna, dove guadagnano di nuovo l’argento, superati stavolta dai padroni di casa francesi. Si rivedono il 20 dicembre nella preolimpica di Venezia, disputata su 1500m in un canale nella zona Bottenighi di Marghera: vincono con 5” di margine sui napoletani e la via per Los Angeles sembra spianata anche se sorgono voci, peraltro infondante, di problematiche caratteriali tra i nove e, addirittura, di scioglimento della formazione. A Livorno, si sa, sono vulcanici e spesso esagerano: tutto rientra nella norma e gli scarronzoni dominano i tricolori, disputati il 26 giugno a Stresa e validi come ultima preolimpica. Superano i piacentini della “Vittorino” per nove secondi, garantendosi il viaggio a Los Angeles, dove oltre tutto rappresentano un’importante carta da giocare. E’ tempo dunque di pensare al viaggio in America.

Dapprima, il 1 luglio, tutti gli azzurri sono trasferiti su un treno speciale, che li porta a Forlì dove vengono ufficialmente e pomposamente ricevuti dal Duce che li “carica”, augurando loro le migliori fortune nell’agone olimpico. Quindi un altro treno li riporta a Napoli dove nel pomeriggio del 2 luglio sono imbarcati sul transatlantico “Conte Biancamano”. Qui si allenano come possono, sul ponte della nave, cercando di tenersi in forma e mantenere attiva la muscolatura, soprattutto con piccole corse ed esercizi a corpo libero. L’11 luglio arrivano a New York, dove rimangono due giorni tra festeggiamenti vari, accolti calorosamente dalla folta ed entusiasta comunità italo-americana. Il 13 ripartono in treno ed attraversano tutto il continente: Washington, St. Louis, Salt Lake City, queste le tappe che finalmente portano il 17 luglio a Los Angeles. Qui iniziano gli allenamenti di rifinitura e nel clan azzurro non manca la fiducia. Le gare olimpiche di canottaggio si svolgono a Long Beach, nel “Marine Stadium”, un canale artificiale in prossimità di un porticciolo, nei pressi di Belmont Shore. Alla prova dell’otto partecipano solo 8 nazioni e le possibilità di medaglia per i nostri sembrano consistenti. Soprattutto dopo la semifinale del 10 agosto, letteralmente volata e dominata dai nostri, vittoriosi con sei secondi di margine sulla Gran Bretagna, che precede a sua volta Giappone e Brasile. Tre giorni dopo, è finale a quattro e gli “scarronzoni” volano nuovamente, ma stavolta trovano avversari tostissimi negli USA, che viaggiano “punta a punta” con loro. Il duello è entusiasmante, da cardiopalmo, e si risolve solo negli ultimi metri, con gli americani ad avere il guizzo vincente in vista del traguardo: passano primi ed il fotofinish dà loro ragione. Ai nostri tocca l’argento, al termine comunque di una prova superlativa. Peccato perdere per così poco, ma questa è la dura legge dello sport. Bronzo al Canada, di misura davanti alla Gran Bretagna. Gara bellissima. Gli scarronzoni si rivedono vincenti il 9 luglio 1933 a Zurigo. Poi il 30 luglio a Napoli dominano i tricolori. Il 7 agosto la Federazione fa disputare una prova di selezione per gli Europei nel canale di Tombolo: i labronici superano l’otto dell’Aniene. Così il 27 agosto sono a Budapest per gli Europei: non riescono ad esprimersi al massimo, venendo bruciati nel finale dai sorprendenti magiari. Nel clan labronico, e soprattutto sulla stampa, serpeggia un po’ di delusione. Ancor più deludente quanto accade ai tricolori del 1934, disputati il 23 luglio a Castel Gandolfo dove l’otto livornese, in via di rinnovamento e con qualche elemento acciaccato, è bruciato dagli acerrimi rivali dell’Aniene. Per Bracci è l’ultima gara di un certo livello: a 30 anni esce di scena, con l’otto labronico bisognoso di forze nuove. La sua rimane comunque una grande carriera, con la soddisfazione di aver partecipato all’epopea degli scarronzoni.

 

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1932. La comitiva azzurra dei canottieri azzurri nel viaggio di ritorno dall’America. Tra loro anche Bracci, evidenziato dal tondo. Al centro seduto, con giacca e cappello, il Presidente della Federazione italiana di canottaggio, Luigi di Sambuy