CONTI Leopoldo

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Tra i più grandi calciatori degli anni Venti. Detto “Poldo” e milanese purosangue, inizia a giocare da adolescente nell’ULIC[1] con la “Libera Ardita”, una squadretta di ragazzi della zona di Corso Monforte. Mostra subito grandi qualità, segnando gol a raffica: è un attaccante che può giostrare su tutto il fronte d’attacco anche se il suo ruolo principale è quello di ala destra. La prima squadra FIGC che lo adocchia è l’Enotria[2] che lo convince a tesserarsi nei suoi ranghi. Ma Conti ha il tempo di vestire la maglia rossoblu solo...per una partita amichevole. Leggenda vuole che alcuni tifosi dell’Inter, avendolo visto giocare, lo abbiano preso di peso e trasportato d’urgenza alla sede nerazzurra, implorando i dirigenti di “acquistarlo”. La trattativa in effetti c’è e l’Inter, dopo aver sborsato la ragguardevole cifra di 100 lire all’Enotria, vede Conti nei suoi ranghi per la stagione 1919-20. Poldo ha appena 18 anni, ma ci sa fare. In quella stagione gioca 21 partite e segna 7 gol di cui tre solo nella vittoria per 4-2 contro la Juventus Italia[3]. Oltre tutto quell’anno l’Inter vince il Campionato, superando a Bologna 3-2 il Livorno in una combattutissima finale. Mai esordio fu più vincente per un giovane di 19 anni. A proposito di esordio, sia pure tutt’altro che vincente, in quella stagione Conti debutta anche in Nazionale, il 28 marzo 1920, a Berna contro la Svizzera che ci strapazza 3-0. Milano, il CT degli azzurri, non lo richiama più, neanche per i Giochi di Anversa (dove peraltro non facciamo una bella figura). L’ascesa di Conti però viene improvvisamente bloccata da problematiche varie tra cui leggeri infortuni e soprattutto il servizio militare in Veneto: nel 1920-21 non gareggia e nel 1921-22 si trasferisce al Padova con cui ottiene 15 presenze e 5 gol, per un’annata di transizione comunque buona. Rientrato finalmente a Milano, torna all’Inter e diventa una colonna portante della squadra che, in forte calo di rendimento, ha appena evitato un’umiliante retrocessione solo agli spareggi. Il Campionato 1922-23 non è brillante per i nerazzurri che terminano a metà classifica il girone eliminatorio.

Conti comunque è il migliore, con 22 presenze e 10 reti. Veloce ed imprevedibile, sa dribblare con fantasia e, allo stesso tempo, segnare e fornire ai compagni assist di pregio. Si conferma l’anno seguente tant’è vero che rientra pure nell’orbita della Nazionale, chiamato da Vittorio Pozzo, diventato Commissario Unico nel febbraio 1924. Le partite di preparazione ai Giochi, con Conti in campo, non vanno troppo bene: il 9 marzo uno stentato 0-0 con la coriacea Spagna a Milano ed il 6 aprile una sonora batosta a Budapest contro l’Ungheria per 7-1, anche se in questo secondo caso ai nostri mancano i calciatori di Genoa e Bologna che, strenuamente impegnate nella lotta per il Campionato, hanno preferito non inviare in azzurro i loro uomini. Pozzo ha le idee ancora confuse ed organizza due match non ufficiali con squadre di club, terminati entrambi 1-1, contro i cechi del Makkabi di Brenn (composta esclusivamente da giocatori ebrei) ed il Wiener Amateur di Vienna. Poi si va a Parigi e quando Pozzo il 3 maggio dirama la lista dei 22 selezionati, Conti è dentro. Al torneo di calcio partecipano 22 nazioni, col criterio dell’eliminazione diretta e ripetizione della partita in caso di parità dopo i tempi supplementari. Pochi lo sanno, ma questo torneo ha valenza, per la FIFA, di Campionato del Mondo. Sotto la supervisione di Pozzo, gli italiani fanno le cose per bene al punto che il CU si avvale della collaborazione di due allenatori di primo piano come gli inglesi Garbutt e Burgess, rispettivamente mister di Genoa e Padova. Ma non tutto fila per il verso giusto: l’alloggio scelto per i nostri, una lussuosa villa nei pressi della Porte Maillot, ha i letti...troppo piccoli. Si trova dunque in fretta e furia un albergo che può accogliere l’intera comitiva ma è situato nella zona di Pigalle dove certamente non mancano le “distrazioni”.

Memore dei misfatti di Stoccolma, Pozzo esercita sui calciatori una ferra sorveglianza cui nessuno riesce a sottrarsi. I nostri sembrano in forma e c’è moderata fiducia intorno a loro, ma il sorteggio non è benevolo visto che ci presenta al primo turno la Spagna, guidata dal celebre Zamora in porta. Il 25 maggio alle 15.30, allo stadio di Colombes, di fronte a 19mila spettatori, arbitro il francese Slawick, affrontiamo dunque gli iberici, con Conti titolare. Come previsto, non è una partita facile, risulta maschia, come si diceva in quel tempo, ricca di contrasti, falli, mischie. Incontro equilibrato che solo un episodio può decidere. Non lo fa l’espulsione dello spagnolo Larraza, autore di un fallaccio. Gli iberici si rintanano in difesa. L’episodio arriva all’84’ e ci è favorevole. In piena area di rigore, nel tentativo di fermare l’avanzata di Magnozzi che sta per tirare a colpo sicuro, Vallana colpisce il pallone con violenza ma in modo scomposto e la sfera termina in rete. Autogol! Italia 1, Spagna 0. I nostri resistono al disperato assalto iberico e passano il turno, seppur con fatica e fortuna. Il 29 giugno tocca agli ottavi di finale e stavolta l’avversario appare più abbordabile, il Lussemburgo. Si gioca allo stadio Pershing, teatro dei “Giochi Interalleati” del 1919. Solo 4mila gli spettatori, per un incontro poco interessante. Si parte alle 14.15. Solo due cambi nel nostro undici: entrano De Vecchi e Baldi, escono Caligaris e Burlando, entrambi acciaccati. Dunque Conti di nuovo in campo. La partita si mette subito bene: il primo gol è di Baloncieri, 20’ dopo il fischio iniziale del francese Richard. Al 38’ raddoppia Della Valle ed i nostri controllano agevolmente la partita sino alla fine. Siamo nei quarti e qualcuno fa un pensierino alla medaglia. Il 2 giugno si gioca contro la Svizzera allo stadio Bergeyre di fronte ad 8mila spettatori, arbitra l’olandese Mutters. In campo gli stessi del match con la Spagna e dunque terza presenza consecutiva per Conti. Non sembra una partita impossibile, ma i nostri hanno perso intensità ed il primo tempo scorre via scialbo, con pochi sussulti, fermo sullo 0-0. Il rientro dagli spogliatoi è scoppiettante: al 47’ Sturzenegger sorprende gli azzurri e segna. Dopo cinque minuti pareggia Della Valle. Poi una disattenzione difensiva di Caligaris regala la palla agli svizzeri, un cross ed Abegglen, appostato in piena aria, di testa infila il 2-1. Proteste dei nostri per un fuorigioco che però non viene riscontrato dall’arbitro. È la rete decisiva: gli svizzeri si difendono con ordine, gli azzurri non recuperano e vengono eliminati.

Gli svizzeri comunque saranno protagonisti di un grande torneo, ottenendo l’argento dopo aver perso 3-0 la finale contro i formidabili uruguaiani ai quali spetta il primo titolo di “Campioni del Mondo” (con tanto di stella sulla loro maglia, approvata dalla FIFA). Il bronzo va alla Svezia che, dopo il primo match chiuso 1-1, supera 3-1 i Paesi Bassi nell’apposito replay. Per gli azzurri una partecipazione olimpica non eccezionale ma che permette al CU Pozzo e ad alcuni giocatori di accumulare una fondamentale esperienza che poi, col tempo, si riverbererà sull’intero movimento calcistico italiano. Anche per Conti i Giochi rappresentano una parentesi importante della sua carriera, lo spunto per proseguire ad alti livelli. Sino al 1931 sarà difatti un grandissimo protagonista del nostro calcio, sia con l’Inter, divenuta nel frattempo “Ambrosiana”, sia con la Nazionale. Con l’Inter rivincerà il Campionato, nel 1929-30, il primo scudetto assegnato a girone unico: con i nerazzurri, di cui sarà per anni il capitano, in campionato totalizzerà 217 partite e 73 gol. In azzurro invece giocherà un totale di 31 partite con 8 gol. Tra le sue partite memorabili Italia-Ungheria 4-3 a Roma il 25 marzo 1928 e Italia-Austria 2-2 l’11 novembre dello stesso anno ancora nella capitale: in entrambi gli incontri Conti firma una doppietta. Chiuderà la carriera nella Pro Patria, da allenatore-giocatore, stabilendo in questo caso un record difficilmente superabile: è difatti il mister più giovane di tutta la storia della Serie A, avendo guidato una squadra a soli 30 anni e 8 mesi. Proseguirà la carriera di tecnico per un decennio, dirigendo però squadre minori della Lombardia. Diverrà poi commerciante, anche concessionario di auto a Milano. Se ne va a 69 anni appena compiuti dopo una lunga malattia.


[1] Acronimo di Unione Libera del Calcio Italiano. Fondata nel 1917, era una federazione totalmente indipendente dalla FIGC e per questo i suoi giocatori, tutti giovani e minorenni, venivano definiti “liberi”. In effetti vi era così tanta libertà che una squadra poteva cambiare giocatori da una partita all’altra ed un calciatore poteva giocare teoricamente un intero torneo cambiando club ogni partita. Tra i “liberi” iniziarono a giocare anche calciatori divenuti famosi, uno per tutti Giuseppe Meazza

[2] Associazione Calcio Enotria, fondata nel 1908 a Milano, nella zona di Porta Romana. Maglia rosso-blu a strisce verticali, fusasi con l’Insubria Goliardo (sua emanazione ULIC), nel 1919-20 ottiene il suo miglior risultato, giungendo al girone di semifinale della Prima Categoria

[3] Squadra milanese nata nel 1911 dalla fusione di Juventus Nova e Italia FC. Otterrà il suo miglior risultato nel 1914-15, giungendo fino al girone di semifinale Nord. La maglia era verde con risvolti delle maniche rossi e colletto bianco, dai colori dunque patriottici. Tra le sue file giocava anche Emilio De Martino che diventerà poi uno dei massimi giornalisti sportivi italiani