COMBI Giampiero Libero Maria

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Tra i più grandi portieri italiani di tutti i tempi. Appartenente ad una famiglia proprietaria di una distilleria, si appassiona al calcio sin da bambino. Col fratello Maurizio fonda una squadretta, il “Savoia”, che gioca per diletto in Piazza d’Armi: si schiera all’ala sinistra, ma anche in porta dove mostra subito riflessi pronti ed agilità non comuni. A 15 anni si propone al Torino, ma viene scartato perchè giudicato “poco prestante” per un portiere. In effetti non è altissimo, ma sopperisce con una muscolatura robusta e ben sviluppata nonchè tramite movimenti veloci e quasi felini. Non a caso gli amici lo soprannominano “fusetta” che in dialetto piemontese significa razzo, petardo. Scartato dal Torino, tenta la carta dell’altra squadra cittadina, la Juventus e stavolta gli va bene. Nel 1918 è in bianconero, nelle squadre giovanili e riserve. Ormai è un portiere a tutti gli effetti anche se i tecnici rimangono un po’ scettici, vedendolo poco acrobatico ed appariscente. Combi in effetti non è tipo da plateali evoluzioni. Piuttosto è pratico e pragmatico, ha grande senso della posizione, soprattutto sbaglia raramente: caratteristiche che saranno sempre sue. Così come il vezzo di indossare sempre un maglione bianco che spesso si cambia alla fine del primo tempo, per sembrare immacolato ma soprattutto, secondo un’idea a metà tra la scaramanzia e la bizzarria, per rimanere ben visibile ed attrarre l’attenzione degli attaccanti. In ogni caso rimane due anni tra le riserve, poi il colpo di fortuna: il portiere titolare, Barucco, si infortuna e Combi esordisce in prima squadra il 5 marzo 1922 a Vercelli contro la “Pro”. Raramente un esordio più sfortunato: raccoglie la palla nel sacco per ben sette volte. Non si perde d’animo, anzi si allena sempre più intensamente, col suo esercizio favorito: tira la palla contro un muro coi piedi e la riprende con le mani che diventano sempre più forti, quasi due tenaglie. Nel 1921-22 gioca 10 partite, poi diventa titolare dei bianconeri con cui in 13 stagioni totalizza 351 presenze, uno dei fedelissimi di tutti i tempi della società torinese. La sua prima grande annata è il 1925-26 quando la Juventus vince lo scudetto e la sua porta rimane inviolata per ben 934 minuti consecutivi[1].

Nel frattempo Combi ha esordito anche in Nazionale e, casualmente, nella prima partita è stato un altro tracollo: il 6 aprile 1924 a Budapest gli azzurri hanno difatti perso 7-1 con l’Ungheria. Ma presto Combi si riscatta anche in Nazionale dove costituisce con i terzini Rosetta e Caligaris, suoi compagni bianconeri, una linea difensiva tra le più affidabili di tutti i tempi. Ma il CT Rangone lo considera inferiore al genoano De Prà che parte titolare ai Giochi del 1928. Al torneo olimpico di calcio, con la formula ad eliminazione diretta, partecipano 17 nazioni e, data la complessità, è la prima competizione ad iniziare, addirittura il 27 maggio. Gli azzurri esordiscono il 29 maggio negli ottavi, contro la Francia e non è una partita facile. Si gioca alle 14 all’Olympisch Stadion di fronte a 2500 spettatori, arbitra il belga Christophe. Combi è in panchina, in porta va appunto De Prà. L’inizio è sconvolgente: dopo 20 minuti siamo sotto 2-0 causa una doppietta dello scatenato Brouzes. La reazione dei nostri è veemente: al 21’ accorcia Rossetti ed al 39’ pareggia Levratto. All’ultimo minuto del primo tempo rovesciamo il risultato con Banchero. Si va al riposo sul 3-2. Dopo un quarto d’ora della ripresa Baloncieri mette il suo sigillo, ma c’è ancora da soffrire perchè un minuto dopo accorcia Dauphin. Manca mezz’ora alla fine ma i nostri controllano e vincono 4-3. Il 1 giugno altro incontro difficile e complicato: nei quarti affrontiamo la Spagna. Si rigioca all’Olympisch Stadion, stavolta con inizio alle 19, di fronte a 3388 spettatori paganti. Arbitra l’uruguaiano Lombardi (di chiare origini italiane). Combi diventa titolare. La Spagna è avversario ostico: al 21’ passa in vantaggio con Zaldua. Si va al riposo sullo 0-1. Nella ripresa ci pensa ancora Baloncieri che pareggia al 63’. Il risultato non cambia, neanche dopo i supplementari. In quel tempo non sono previsti i rigori e la partita si ripete tre giorni dopo, il 4 giugno, nella stessa sede, con inizio alle 14, davanti a 4770 spettatori. Arbitro l’olandese Boekman. Combi è di nuovo in porta. Stavolta non c’è partita, la Spagna è annientata: vinciamo 7-1. Il primo tempo termina 4-0 per le reti di Magnozzi al 10’, Schiavio al 15’, Baloncieri al 18’ e Bernardini al 40’. La Spagna accorcia alla prima azione della ripresa con Yemo, ma nel finale i nostri dilagano: al 73’ segna Rivolta e poi Levratto chiude con una doppietta (82’ e 84’).

Siamo in semifinale e la medaglia pare vicina. Il 7 giugno, all’Olympisch Stadion, con inizio alle 19, ci tocca però il fortissimo Uruguay, campione in carica. 15.290 spettatori, arbitra l’olandese Eijmers. Combi ancora titolare. Baloncieri (ancora lui) ci fa sognare e segna dopo 9’. Il sogno dura appena nove minuti perchè Cea pareggia. Gli uruguayani sono forti e tessono con abilità la loro trama offensiva: al 28’ Campolo ed al 31’ Scarone sembrano mettere la parola fine alla disfida. I nostri si rinfrancano nel riposo e ci provano: dopo un quarto d’ora della ripresa Levratto ci porta sul 2-3. L’impresa pare possibile, ma il risultato non cambia. L’Uruguay vince 3-2, ma non abbiamo demeritato. Siamo così relegati alla “finalina” per il bronzo dove troviamo il sorprendente Egitto. Sulla carta l’avversario sembra malleabile (ne ha presi sei dall’Argentina nell’altra semifinale). Si gioca il 9 giugno all’Olympisch Stadion, con inizio alle 16, arbitro il belga Langenus, spettatori paganti 6378. Combi in campo. In effetti vinciamo facile anche se gli africani non sono così sprovveduti ed all’inizio ci fanno soffrire. Dopo sei minuti segna Schiavio, ma dopo altri sei minuti pareggia Riadh. Al 14’ Baloncieri riporta avanti gli azzurri ma ancora Riadh pareggia due minuti dopo. Una doppietta di Banchero, al 19’ ed al 39’, indirizza la partita nel verso giusto. Schiavio, al 42’, e di nuovo Banchero, al 44’, chiudono i conti. La ripresa ha poca storia: Baloncieri (al 52’) e Schiavio (al 58’) arrotondano il punteggio, con El-Ezam (al 60’) a salvare la bandiera. Una tripletta di Magnozzi (72’, 80’ e 88’) fissa definitivamente il risultato in un clamoroso 11-3 che ci regala un bel bronzo, a dimostrazione della crescita internazionale sviluppata dal nostro movimento calcistico. L’oro va di nuovo all’Uruguay che così si laurea nuovamente “Campione del Mondo”: difatti, come quattro anni prima, anche questo torneo olimpico ha valenza di Mondiale, secondo quanto stabilito dalla FIFA. Ma che fatica per la “celeste”! La finale tra Uruguay e Argentina del 10 giugno termina difatti 1-1 ed è necessaria la ripetizione, tre giorni più tardi, che va agli uruguagi per 2-1.

Quegli stessi uruguagi che due anni dopo, superando di nuovo i tradizionali rivali argentini, guadagneranno anche il primo “vero” Campionato del Mondo. Intanto l’Italia inizia ad emergere, rinfrancata dal bronzo olimpico, il primo alloro intercontinentale del nostro calcio. Combi trae nuova linfa dall’esperienza olimpica e la sua carriera va in crescendo rossiniano. Nei primi anni Trenta vince 4 scudetti consecutivi con la Juventus ed in Nazionale non perde un colpo, aggiudicandosi la Coppa Internazionale. Ma l’età avanza ed a 32 anni ha già deciso di smettere quando si devono giocare i Mondiali del 1934, in Italia, per i quali il CT Pozzo gli ha preferito Ceresoli. Combi capisce, si adegua, sarà riserva. Ma il destino ci mette lo zampino. In allenamento Ceresoli si frattura un braccio, tocca a Combi, capitano azzurro. I nostri vincono il Mondiale e Combi chiude la sua eccezionale carriera con la ciliegina più dolce sulla torta. Lascia il calcio attivo, ma rimane nell’ambiente come dirigente bianconero, esperto e capace. Un infarto fatale lo coglie mentre è alla guida dell’auto sul lungomare di Imperia, ad appena 53 anni. Se ne va così uno dei più grandi portieri nella storia del nostro calcio. Il suo palmares parla da solo: un Mondiale, cinque scudetti, un bronzo olimpico, un record di imbattibilità durato 90 anni. Cosa volete di più?


[1] Questo record sarà battuto da Buffon nel 2016, con 974 minuti