Inizia la leggenda di Valentina Vezzali inesauribile regina del fioretto

20 anni fa i Giochi Olimpici a Sydney
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Lo sport vive di attimi, di momenti decisivi, di passioni che trasformano una semplice sfida in uno straordinario racconto di emozioni. Il 21 settembre del 2000, ai Giochi della XXVII Olimpiade, era in programma il quarto di finale della prova di fioretto tra l’azzurra Valentina Vezzali e la rumena Reka Szabo.

Quell’incontro indimenticabile, al cardiopalma, fu il preambolo non solo di una grande impresa sportiva, ma l’inizio di un’incredibile cavalcata olimpica, che portò la campionessa jesina alla conquista di ben tre medaglie d’oro consecutive nella prova individuale (Sydney 2000, Atene 2004, Pechino 2008), nove medaglie olimpiche complessive (6 ori, 1 argento 2 bronzi) oltre a 16 titoli mondiali e 13 europei.

Valentina Vezzali iniziò a praticare la scherma nel 1980 presso il C.S. Jesi, sotto la guida del maestro Ezio Triccoli, un autentico scopritore di talenti. In ambito giovanile fece incetta di successi tra Mondiali, Europei e Coppe del Mondo. Un’ascesa vertiginosa che la catapultò nel giro della Nazionale maggiore. La prima medaglia continentale fu un bronzo, vinto nel 1993 a Linz, cui fece seguito il doppio argento mondiale dell’anno successivo ad Atene, sia nella prova individuale che in quella a squadre.

Nel 1995 si dovette accontentare del bronzo nell’individuale e dell’oro a squadre nella prova iridata di L’Aia. Nel 1996, quindi, arrivò l’esordio olimpico ad Atlanta, dove l’Italia si presentò con tutte le carte in regola per bissare il successo di quattro anni prima a Barcellona con Giovanna Trillini. Ma fu una grande delusione. In finale si arrese alla rumena Laura Badea, che vinse per 15-10, con l’azzurra che non tirò al meglio, ma soprattutto, non riuscì a conquistare quel successo che tanto avrebbe voluto dedicare al suo maestro, scomparso proprio a pochi mesi dall’Olimpiade.

Seppur rincuorata dall’oro nella prova a squadre, giurò a sé stessa: “Mai più una sconfitta così, mai più”. Nel quadriennio olimpico successivo l’obiettivo principale era il Mondiale, che, però, sembrava non arrivare mai. Nel 1998 un’altra delusione, con il bronzo nell’individuale a La Chaux-de-Fonds, che le impedì la tanto agognata doppietta con l’Europeo vinto a Plovdiv qualche mese prima.

Questione di tempo. L’anno dopo arrivò prima l’Europeo di Bolzano, poi il Mondiale di Seul e quindi la Coppa del Mondo. A Sydney, la schermitrice in forza alle Fiamme Oro della Polizia di Stato, si presentò come numero uno del ranking mondiale, tra le grandi favorite per la vittoria finale. Le avversarie da battere erano la tedesca Sabine Bau e la compagna di squadra Giovanna Trillini, accreditate rispettivamente della seconda e terza testa di serie.

Le azzurre - tra cui Diana Bianchedi - furono esentate dal primo turno. All’esordio la Vezzali vinse nettamente con la sudcoreana Seo Mi-Jeong per 15-3, così come la Trillini con la britannica Eloise Smith (15-2) e la Bianchedi con la cinese Yuan Li (15-7). Stessa storia negli ottavi, con la Vezzali che non concesse nulla alla polacca Sylwia Gruchala (15-8) e la Trillini che s’impose agevolmente per 15-4 sulla statunitense Iris Zimmermann.

Più equilibrato, invece, il match della Bianchedi, che ebbe la meglio per 15-12 sull'israeliana Ayelet Omayon. Nei quarti, tuttavia, la storia fu ben diversa. La Bianchedi si arrese nettamente (4-15) alla detentrice del titolo, la rumena Badea; mentre, la Trillini e la Vezzali furono protagoniste di due assalti che si risolsero al supplementare. La campionessa di Barcellona superò per 9-8 la cinese Xiao Aihua, al pari della Vezzali, protagonista di un incontro tesissimo e dalle mille emozioni.

La fiorettista azzurra soffrì tremendamente la scherma della rumena Reka Szabo. Al termine dei tre tempi regolamentari, sull’8 pari, il destino decise che la sfida si dovesse concludere all’ultima stoccata. A trentasette secondi dalla fine del tempo supplementare, la Szabo mise a segno la stoccata decisiva al corpetto della Vezzali, che sembrò soccombere, ma, incredibilmente, il piede dell’avversaria era fuori pedana, così l’arbitro annullò concedendo una seconda chance all’italiana.

Mancavano diciannove secondi al termine, quando la Vezzali colse l’attimo, mettendo la botta decisiva che valeva il 9-8. Si accasciò sulle ginocchia e pianse a dirotto scaricando tutta la tensione accumulata, consolata dal maestro Giulio Tomassini. Nell’ultima sfida dei quarti, poi, la tedesca Rita König superò per 15-8 l’ungherese Aida Mohamed. In semifinale la Trillini fu eliminata dalla König per 15-10 ed invece, la Vezzali, con un secco 15-8, si prese la rivincita sulla Badea (che fu poi sconfitta dalla Trillini nella finale per il bronzo).

Nella finale per il titolo Valentina Vezzali si trovò di fronte la sorprendente König, capace di eliminare la più accreditata compagna di squadra, Bau e la Trillini, due delle grandi favorite della vigilia. Un match, comunque, senza storia, vinto dalla Vezzali per 15-5 e che diede il là alla leggenda di una campionessa unica, grazie a quell’indimenticabile quarto di finale.