Consiglio di Stato, Sezione VI, 28 dicembre 2020, n. 8358 e 30 dicembre 2020, nn. 8533, 8534 e 8535 "Nessuna violazione del diritto della concorrenza nell’assegnazione dei diritti audiovisivi della Serie A per il triennio 2015-2018"

 

 

Nessuna violazione del diritto della concorrenza nell’assegnazione dei diritti audiovisivi della Serie A per il triennio 2015-2018

Estremi provvedimento

Consiglio di Stato, Sezione VI, 28 dicembre 2020, n. 8358 e 30 dicembre 2020, nn. 8533, 8534 e 8535

Massima

L’enforcement dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato nell’ambito delle procedure per l’assegnazione dei diritti audiovisivi sportivi disciplinate dal d.lgs. 9 gennaio 2008 n. 9 (c.d. Decreto Melandri), deve coordinarsi con la c.d. no single buyer rule, prevista dall’art. 9, co. 4 del Decreto Melandri, norma imperativa e di ordine pubblico, idonea a sottrarre al libero gioco della concorrenza la fase di aggiudicazione della procedura competitiva, qualora, all’esito della stessa, un’unica impresa risulti aggiudicataria in esclusiva di tutti i pacchetti relativi alle dirette degli eventi sportivi, o vi sia il rischio di creare una posizione dominante mediante l’aggiudicazione di una parte preponderante degli eventi sportivi messi a gara sulle principali piattaforme media.

Keywords

Diritti audiovisivi; Serie A; AGCM; antitrust; Decreto Melandri

Commento/sintesi

Con sentenze del 28 dicembre 2020, n. 8358 e 30 dicembre 2020, nn. 8533 e 8533, 8534 e 8535 (“Sentenze), il Consiglio di Stato, Sez. VI, ha rigettato i ricorsi in appello dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (“AGCM” o “Autorità”) avverso le sentenze del TAR Lazio, Sez. I, 23 dicembre 2016, nn. 12811, 12812, 12814 e 12816, concernenti l’annullamento del provvedimento con cui, all’esito del procedimento I790 – Vendita diritti televisivi Serie A 2015-2018, l’AGCM aveva irrogato sanzioni per complessivi 66 milioni di Euro ai principali operatori televisivi nel mercato della pay-tv, ossia Mediaset S.p.A., RTI S.p.A. e Sky Italia S.r.l., nonché alla Lega Nazionale Professionisti Serie A e al suo advisor Infront Italy S.r.l. (rispettivamente, “Mediaset”, “RTI”, “Sky”, “LNPA” e “Infront”), per una presunta intesa restrittiva della concorrenza che, in violazione dell’articolo 101 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea (TFUE), avrebbe alterato la gara per i diritti televisivi sul Campionato di serie A per il triennio 2015-2018, svoltasi nel giugno 2014. A giudizio dell’Autorità, l’intesa si sarebbe realizzata sostituendo con una soluzione concordata l’esito dell’assegnazione dei pacchetti prestabiliti dalla LNPA derivante dal confronto dei broadcaster nell’ambito della procedura competitiva prevista e disciplinata dal d.lgs. 9 gennaio 2008 n. 9 (c.d. Decreto Melandri).

 

A seguito dei ricorsi di primo grado, introdotti da Mediaset e RTI, Sky, LNPA e Infront, il TAR Lazio annullava il Provvedimento, affermando, tra le altre cose, da un lato, che la ratio dei poteri di vigilanza attribuiti all’AGCM dal Decreto Melandri, è quella evitare “essenzialmente e principalmente la creazione di posizioni dominanti, secondo la preoccupazione esplicita del legislatore delegante”; dall’altro, che tale prerogativa non impedisce all’Autorità di verificare la sussistenza di altre forme patologiche derivanti dalla disciplina antitrust – quali, ad esempio, le intese restrittive della concorrenza – ma ciò “pur sempre in un’ottica contestualizzata al mercato di riferimento e ai soggetti in esso coinvolti, siano essi l’organizzatore della competizione, gli operatori della comunicazione e l’utente inteso quale consumatore finale”, così come definiti dal Decreto Melandri.

 

Su tali assunti, il TAR Lazio affermava che il presunto accordo tra i broadcaster, la LNPA e Infront, censurato dall’AGCM, in realtà, aveva “assunto una funzione “pro - concorrenziale” nella peculiarità del mercato di riferimento, consentendo il confronto […] tra i due unici operatori esistenti, con conseguenze tangibili anche […] per i consumatori, che non hanno infatti visto un aumento dei prezzi per i rispettivi “abbonamenti”” e, pertanto, non poteva definirsi come “accordo spartitorio” poiché le parti erroneamente sanzionate dal Provvedimento avevano consentito “il perpetuarsi di una concorrenza che altrimenti non ci sarebbe stata”.

 

L’AGCM, dunque, impugnava le sentenze del Giudice amministrativo di primo grado, insistendo sulla illiceità dell’esito della procedura di gara per l’aggiudicazione dei diritti audiovisivi in questione, caratterizzato da una presunta intesa restrittiva della concorrenza contraria all’art. 101 del TFUE che avrebbe garantito, da un lato, la ripartizione del mercato tra i due operatori storici (i.e. RTI/Mediaset e Sky) e, dall’altro, il consolidamento delle rispettive posizioni di mercato e la cristallizzazione delle assegnazioni operate nelle stagioni calcistiche precedenti.

 

In definitiva, dinanzi al Consiglio di Stato, l’Autorità ribadiva che le condotte poste in essere dalle parti destinatarie del Provvedimento, oltre ad annullare di fatto il confronto competitivo nell’ambito della gara, distorsero il relativo meccanismo, tanto da elidere ogni concorrenza sul merito ed ogni possibilità d’ingresso, anche futuro, di nuovi operatori nel mercato dei diritti televisivi sportivi.

 

Con le Sentenze, il Consiglio di Stato ha rigettato le doglianze dell’AGCM confermando la decisione del TAR Lazio di annullare il Provvedimento.

 

Il Giudice amministrativo di secondo grado ha offerto una lettura dei fatti – e, in particolare, degli esiti della procedura competitiva – ritenuta più plausibile rispetto al presunto disegno spartitorio affermato dall’AGCM nel Provvedimento e nel ricorso in appello.

 

In particolare, il Consiglio di Stato ha posto l’accento sull’art. 9, co. 4, del Decreto Melandri, secondo cui è vietato “a chiunque di acquisire in esclusiva tutti i pacchetti relativi alle dirette, fermi restando i divieti previsti in materia di formazione di posizioni dominanti” (c.d. no single buyer rule). Questa norma, inderogabile anche per l’AGCM, pone un chiaro divieto per la fase di aggiudicazione (quindi, non della gara in sé e dei suoi materiali risultati) idoneo a condizionare il relativo risultato.

 

Secondo quanto affermato dal Consiglio di Stato, proprio in considerazione della no single buyer rule, la LNPA, lungi dal concertare l’esito della gara per favorire uno o entrambi i broadcaster, si è limitata ad applicare l’art. 9, co. 4, del Decreto Melandri, “norma imperativa e di ordine pubblico”, al fine di apportare un correttivo all’“effetto illecito” derivante dall’esito della procedura di gara che vedeva un unico operatore aggiudicatario di tutti i pacchetti formulati dalla LNPA.

 

Erroneamente, dunque, l’AGCM ha considerato il mero dato spartitorio e la violazione dell’esito formale della gara, senza tenere “in debito conto come la norma ex art. 9, co. 4 proprio per le medesime ragioni d’interesse pubblico e di piena contendibilità di tali diritti tra gli operatori (che a suo tempo avevano suggerito per legge la procedura competitiva) non tollerasse aggiudicazioni di fatto totalitarie ed in contrasto col principio di virtuosa concorrenza tra i titolari di ciascuna intera piattaforma”.

 

In definitiva, secondo quanto affermato dal Consiglio di Stato, l’Autorità non avrebbe colto le peculiarità del mercato rilevante caratterizzato dalla presenza di una norma (l’art. 9 del Decreto Melandri) idonea a influire marcatamente sull’esito delle procedure competitive dalla stessa previste e disciplinate, dalla scarsità di beni contendibili (i.e. i pacchetti di diritti audiovisivi), e dal ristretto numero di competitor in grado di offrire i servizi richiesti dall’organizzatore della competizione sportiva.

 

E ciò in antitesi con il consolidato orientamento della giurisprudenza nazionale ed europea in materia di diritto della concorrenza, secondo cui è onere dell’AGCM la definizione del mercato rilevante “[…] ex se funzionale all’individuazione delle stesse caratteristiche del contesto in cui si colloca l'ipotizzato illecito coordinamento delle condotte tra le imprese”.

 

Sulla base di tale argomentazione – trait d’union delle Sentenze in commento – il Consiglio di Stato ha rigettato i ricorsi in appello dell’AGCM avverso le relative pronunce del TAR Lazio, ribadendo, dunque, la correttezza dell’operato della LNPA, del suo advisor e degli operatori coinvolti nell’ambito della procedura per l’assegnazione dei diritti audiovisivi della Serie A per il triennio 2015-2018.

Autore

Enrico Spagnolello, Avvocato

Le sentenze sono disponibili ai seguenti link:

Consiglio di Stato, Sezione VI, 28 dicembre 2020, n. 8358

 

Consiglio di Stato, Sezione VI, 30 dicembre 2020, n. 8533

 

Consiglio di Stato, Sezione VI, 30 dicembre 2020, n. 8534

 

Consiglio di Stato, Sezione VI, 30 dicembre 2020, n. 8535