Cassazione Penale, sezione IV, 24 marzo 2017, n. 14606 "Gestore della pista da sci e e obblighi di protezione e prevenzione: la Cassazione Penale ne precisa l'ambito"

 

Titolo

GESTORE DELLA PISTA DA SCI E OBBLIGHI DI PROTEZIONE E PREVENZIONE: LA CASSAZIONE PENALE NE PRECISA L’AMBITO

 

Indicazione estremi del provvedimento annotato

Cass. Pen., sez. IV, 24 marzo 2017 n. 14606 – Dott. Luisa Bianchi (Presidente); Dott. Antonio Leonardo Tanga (rel. Consigliere)

 

Massima

È eccessivo e concretamente inesigibile pretendere dal gestore della pista da sci – certamente titolare di un obbligo di garanzia - che la stessa sia interamente recintata, ovvero che siano rimossi tutti i massi ed i pericoli situati in sua prossimità.

L’obbligo, in capo al gestore della pista da sci, di recintarla e di apporre idonee segnaletiche e protezioni, ovvero di rimuovere potenziali fonti di rischio, anche esterne al tracciato, sussiste solo in presenza di un pericolo determinato dalla conformazione dei luoghi che sia tale da far ritenere elevata la probabilità di una uscita di pista dello sciatore, mentre  cessa quando questa sia sufficientemente larga da consentire un percorso in sicurezza.

Con riferimento ai pericoli posti all’esterno della pista da sci e delle “rampe” (id est, ai percorsi innevati e sciabili, limitrofi e serventi le piste da sci) viene meno la posizione d'obbligo del gestore e inizia il dovere di diligenza dello sciatore, che deve adeguare la discesa alle sua capacità e alle condizioni della pista e dei luoghi circostanti, anche in considerazione della fisiologica presenza di sassi intorno alla pista.

Keywords

Sci – Gestore della pista da sci – Obblighi di protezione e  obblighi di prevenzione – Limiti –Legge n. 363 del 24 dicembre 2003 (“Norme in materia di sicurezza nella pratica degli sport invernali da discesa e da fondo”) – Art. 589 c.p.

Commento

La Cassazione penale circoscrive l’ambito di responsabilità del gestore della pista da sci, con riferimento agli obblighi di prevenzione dei possibili incidenti che possono verificarsi durante la pratica sportiva in capo agli utenti, escludendo che la stessa si concretizzi anche per fatti avvenuti all’esterno del percorso.

Solo quando all’esito di una valutazione prognostica appaia sussistere una elevata probabilità di uscita di pista, allora, l’obbligo preventivo (segnaletica, protezioni, rimozione delle possibili fonti di danno) permane anche con riguardo alle aree esterne al tracciato.

Il tema era già stato oggetto di una recente decisione, sempre da parte della Cassazione penale (sent. 37267/2015), con la quale  si era affermato che “l'obbligazione del gestore degli impianti di risalita ricomprende prestazioni accessorie, costituenti un pacchetto di servizi che trascendono il mero trasporto da valle a monte e riguardano l'intera attività dell'utente, quali la messa a disposizione di piste dotate delle necessarie misure di sicurezza”.

In tale contesto, nell’ambito del quale veniva rigettato il ricorso avverso la sentenza di condanna del gestore, ritenuto responsabile del decesso di uno sciatore determinato dalle conseguenza di una caduta fuori pista, in un dirupo, si sosteneva che “… l'obbligo di protezione che è proiezione della posizione di garanzia riguardava  anche i pericoli atipici, cioè quelli che lo sciatore non si attende di trovare, diversi, quindi, da quelli connaturati a quel quid di pericolosità insito nell'attività; certo, deve escludersi che un tale obbligo di protezione si possa dilatare sino a comprendervi i c.d. pericoli esterni, ma, nondimeno, il gestore, … doveva prevenire quei pericoli fisicamente esterni alle piste, ma cui si poteva andare incontro in caso di uscita di pista, giacché la situazione naturale dei luoghi rendeva altamente probabile, per le ragioni dinanzi citate, che si fuoriuscisse dalla pista”.

Già precedentemente, con sentenza n. 27861/2004 la Suprema Corte si era interessata del tema, affermando che “il gestore deve prevenire quei pericoli fisicamente esterni alle piste, ma cui si può andare incontro in caso di uscita di pista. Senz'altro va contrastato anche questo pericolo laddove la situazione renda altamente probabile che si fuoriesca, o per situazioni naturali, o per predisposizione strutturale, quale quella conseguente alla battitura della pista fino all'orlo, che rende inevitabile, per il naturale declivio, l'uscita di pista di chi venga a cadere in tratti con pendenza verso l'esterno”.

In questa decisione, con riguardo al profilo soggettivo, ed in particolare al tema della “colpa” ascrivibile al gestore della pista, la Cassazione penale aveva avuto modo di precisare che "quel che è colpa specifica laddove la norma che la individua è operante, ben può integrare la colpa generica laddove invece difetti l'operatività della norma, per i profili di imprudenza, imperizia, negligenza, che ha preso in considerazione e su cui si fonda”.

Anche la Cassazione civile ha avuto modo di occuparsi del tema, in una fattispecie nella quale, peraltro, veniva confermata la sentenza di merito che aveva escluso la responsabilità del gestore per fatti conseguiti ad una collisione tra due sciatori al centro della pista, con drammatiche conseguenze per uno di essi.

Con la sentenza n. 22344/2014 il giudice di legittimità, dato atto “che la problematica della tipicità o dell'atipicità dell'illecito omissivo ha dato luogo a soluzioni contrastanti anche nella giurisprudenza di questa Corte, ove a pronunce in cui si afferma che quando dalla condotta omissiva di un soggetto sia derivato ad altri un danno ingiusto, l'utente ne risponde solo se aveva il dovere di attivarsi, se aveva cioè un vero e proprio obbligo di impedire l'evento in base a una norma specifica o in base a un rapporto negoziale (confr. Cass. civ. 30 giugno 2005, n. 13957; Cass. civ. 28 giugno 2005, n. 13892; Cass. civ. 8 gennaio 2003, n. 63; Cass. civ. 25 settembre 1998, n. 9590), altre se ne contrappongono secondo cui, in determinate circostanze, l'inerzia può essere socialmente antidoverosa e giuridicamente illecita (confr. Cass. civ. 23 maggio 2006, n. 12111; Cass. civ. 8 novembre 2005, n. 21641; Cass. civ. 29 luglio 2004, n. 14484)” ha ritenuto, nella fattispecie, di aderire al secondo degli indirizzi indicati, sostenendo che “… pur non esistendo a carico di ciascun consociato un generale dovere di attivarsi al fine di impedire eventi di danno, ben possono darsi, nell'infinita varietà di accadimenti che la realtà non manca mai di presentare, situazioni pratiche in presenza delle quali, in nome dei principi di solidarietà sociale, di cui all'art. 2 Cost., insorgono a carico dei soggetti che vi sono coinvolti doveri e regole di azione, la cui inosservanza integra gli estremi dell'omissione imputabile, con conseguente responsabilità civile” .

Il quadro che si delinea, dunque, appare sufficientemente chiaro al fine di individuare la tipologia di attività preventiva che il gestore della pista è tenuto a realizzare, al fine di proteggere e tutelare la incolumità degli utenti che praticano lo sci di pista.

Al contempo, apprezzabile appare il richiamo ai principi di solidarietà sociale, quale fonte ulteriore degli obblighi di protezione, in un contesto in cui è evidente che “il senno del poi” non permetterebbe di elidere gli effetti dannosi che possono promanare da cadute rovinose che abbiano a verificarsi su piste (ed aree attigue) per le quali non siano stati predisposti adeguati presidi di sicurezza, ragione per la quale l’obbligo di una attenta e scrupolosa attività di prevenzione appare assolutamente opportuna e doverosa.

Andrea Caranci, Avvocato in Roma e Cultore della materia presso l’Università Roma Tre.

 

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