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Corte Cost. 15/02/2024, n. 16 S.M./CONI – U.I.T.S.

Titolo/Oggetto

S.M./CONI – U.I.T.S.  

Pesca e tutela dell’ambientale e dell’ecosistema: le indicazioni della Consulta sul riparto delle competenze legislative tra Stato e Regione nella sent. 16 del 2024.

Estremi provvedimento

Corte Cost. 15/02/2024, n. 16 – A. Barbera (Presidente), E. Navarretta (Redattrice), R. Milana (Cancelliere)

Massima

Gli artt. 1 e 2 della legge della Regione Puglia n. 6 del 2023, che introducono un blocco triennale della pesca del riccio di mare per preservare la risorsa ittica, non contrastano con la competenza legislativa esclusiva dello Stato nella materia tutela dell’ambiente e dell’ecosistema dal momento che, nell’esercizio della competenza legislativa regionale residuale in materia di pesca, producono l’effetto di elevare, in relazione a specifiche e temporanee esigenze del territorio, il livello di tutela ambientale.

 

È, invece, fondata la questione per la parte in cui gli articoli introducono le nozioni di «mari regionali» e di «mare territoriale della Puglia» per violazione dell’art. 117, comma 2, lett. a), Cost. nelle materie “politica estera e rapporti internazionali dello Stato” e “rapporti dello Stato con l’Unione europea”.

Keywords

PESCA – AMBIENTE – COMPETENZE LEGISLATIVE – MARE

Commento/Sintesi

Con la sentenza n. 16 del 2024 la Corte costituzionale affronta la questione di legittimità costituzionale degli artt. 1 e 2 della legge della Regione Puglia 18 aprile 2023, n. 6, recante Misure di salvaguardia per la tutela del riccio di mare, promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri per violazione del riparto di competenze previsto dall’art. 117 Cost. 

 

La legge della Regione Puglia ha introdotto un blocco “nei mari regionali” della pesca del riccio di mare per garantire un periodo di riposo della specie, preservare la risorsa ittica e scongiurare il rischio di estinzione dovuto ai massicci prelievi. L’art. 2 ha vietato, così, “il prelievo, la raccolta, la detenzione, il trasporto, lo sbarco e la commercializzazione degli esemplari… e dei relativi prodotti derivati freschi, per un periodo di tre anni” nel “mare territoriale della Puglia”.

 

Per l’Avvocatura di Stato le disposizioni si porrebbero in contrasto con la competenza legislativa esclusiva statale in materia di “tutela dell’ambiente e dell’ecosistema”. La definizione di pesca accolta nel nostro ordinamento riproporrebbe quella offerta dal legislatore UE (Regolamento UE n. 1380/2013) in materia di politica comune: il settore della pesca è stato, infatti, profondamente inciso dal diritto UE, con conseguente ridimensionamento delle normative nazionali. Sul piano costituzionale si sarebbe determinata, così, “una lettura espansiva della materia di competenza statale esclusiva tutela dell’ambiente, tale da comprendere anche la regolamentazione di aspetti relativi all’attività di pesca”. Il presupposto delle disposizioni impugnate sarebbe, infine, una astratta configurabilità di un “mare territoriale regionale”, quale ambito entro il quale la stessa Regione sarebbe abilitata ad esercitare la propria potestà normativa: mentre l’individuazione, la delimitazione e la classificazione dello “spazio marino” sarebbero precluse alla competenza regionale, in quanto soggette anche ad interessi internazionali e a discipline dettate dal diritto dell’UE.

 

In via preliminare, il giudice delle leggi richiama i criteri in base ai quali individuare l’ambito della competenza legislativa statale esclusiva nella materia “tutela dell’ambiente e dell’ecosistema”, nonché l’ambito della competenza legislativa regionale residuale nella materia della pesca: la Corte ha riconosciuto alla materia dell’ambiente i tratti propri di una competenza legislativa trasversale, governata dall’elemento teleologico, il cui dispiegarsi lascia agevolmente prefigurare possibili interferenze rispetto all’esercizio di competenze legislative spettanti alle Regioni.

 

Le disposizioni legislative statali fungono, pertanto, da limite alla disciplina che le Regioni, anche a statuto speciale, dettano nei settori di loro competenza: ad esse è “consentito soltanto eventualmente di incrementare i livelli della tutela ambientale, senza però compromettere il punto di equilibrio tra esigenze contrapposte espressamente individuato dalla norma dello Stato”. Le interferenze, in particolare, sono state escluse a fronte di interventi legislativi statali considerati espressione di un unico disegno inscindibile, riconducibile alla previsione di uno standard di tutela minimo.

 

Dopo la riforma del Titolo V della Parte seconda della Costituzione, la Corte ha, poi, ritenuto superata la pregressa distinzione fra la pesca nelle acque interne - in passato assegnata alla competenza legislativa concorrente delle Regioni - e la pesca in mare: anche nella sentenza in commento viene confermata la progressiva generale attribuzione della “pesca” alle Regioni ordinarie, senza alcuna distinzione basata sulla natura delle acque. La pesca, pertanto, costituisce materia oggetto della potestà legislativa residuale delle Regioni, ai sensi dell’art. 117, quarto comma, Cost.

 

Entrando nel merito della questione, la Corte costituzionale ha riconosciuto che la disciplina della Regione Puglia si pone nel solco dell’esigenza di disciplinare la pesca, in conformità agli obiettivi del diritto UE, e incide in melius sulla tutela ambientale, nello specifico sulla protezione del riccio di mare, che è parte dell’ecosistema marino. La regione ha, così, previsto “una misura specifica, concernente un fermo pesca disposto una tantum, che si riverbera temporaneamente su un’attività che si svolge sui fondali posti a breve distanza dalle coste pugliesi e che riguarda una risorsa ittica, il cui consumo è strettamente correlato al territorio e alle tradizioni locali, tant’è che la misura è la conseguenza di un massiccio sovra-sfruttamento”. Il carattere specifico, temporaneo e territorialmente circoscritto delle disposizioni impugnate rende, dunque, non imprescindibile un bilanciamento operato sul piano statale. Le disposizioni impugnate, pertanto, non contrastano con la competenza legislativa esclusiva dello Stato dal momento che, nell’esercizio della competenza legislativa regionale residuale in materia di pesca, esse producono l’effetto di elevare, in relazione a specifiche esigenze del territorio, il livello di tutela ambientale.

 

Rispetto alla seconda questione, relativa alla violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera a), Cost. nelle materie “politica estera e rapporti internazionali dello Stato” e “rapporti dello Stato con l’Unione europea”, nella parte in cui gli artt. 1 e 2 citati introducono le nozioni di “mari regionali”, di “mare territoriale della Puglia”, la Corte ricorda che non ha mai consentito alle Regioni di fare riferimento a “un mare territoriale” regionale: tale questione è, pertanto, ritenuta fondata.

 

La Corte definisce, addirittura, “infelice” la tecnica normativa adottata dal legislatore pugliese. I sintagmi lessicali adoperati interferiscono, infatti, direttamente con la nozione di mare territoriale, quale enucleata dall’art. 2 cod. nav. – che definisce un elemento costitutivo della sovranità –, ed “evocano un frazionamento di tale paradigma su base regionale, che è del tutto sconosciuto all’ordinamento giuridico”.

Autore

Avv. Francesca Piergentili

 

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