I numeri danno ragione a Claudio Pollio, unico oro olimpico nella lotta libera

40 anni fa i Giochi Olimpici a Mosca
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Passione, sacrificio e sofferenza, ma non solo, numeri e ancora numeri, per raccontare una delle pagine più rocambolesche dello sport italiano. Nel libro dei ricordi non può mancare, infatti, la straordinaria impresa di Claudio Pollio, che il 29 luglio del 1980 conquistò la medaglia d’oro nella lotta libera, categoria minimosca sotto i 48 kg. Un racconto che inizia a Secondigliano, dove un padre, appassionato, avvia i suoi cinque figli alla pratica sportiva. Uno di loro, Claudio, si innamorò della ginnastica artistica, ma purtroppo, a causa della mancanza di strutture adatte, dovette abbandonare quella passione a malincuore.

La grande vitalità, però, lo portò quasi per caso alla lotta libera, una meravigliosa avventura cui ha dedicato gran parte della sua vita. Si iscrisse, a sedici anni, al Gruppo Vigili del Fuoco di Padula, dove fu seguito da Luigi Marigliano, che sin dai primi passi ne intuì le grandi potenzialità. Nel 1975 abbandonò gli studi di perito industriale per trasferirsi al centro federale di lotta a Savona, sotto la guida di Vincenzo Grassi. E' l'anno della svolta.

A soli diciassette anni si classificò secondo ai Giochi del Mediterraneo di Algeri, dove esplose tutto il suo talento. L’anno successivo vinse gli Europei juniores e il torneo preolimpico “Gherardelli”, conquistando il pass per l’Olimpiade di Montreal dove uscì al secondo turno eliminatorio. Una grande esperienza, dove cercò di imparare il più possibile dai suoi avversari. Negli anni successivi fu protagonista di un ulteriore salto di qualità con la vittoria ai Giochi del Mediterraneo del 1979 a Spalato e il quinto posto ai Mondiali di San Diego.

Momenti di grande gioia, ma anche di grande sofferenza. Dovette superare i postumi di un’epatite virale che lo costrinse a disertare la palestra per un anno. Ma non solo, il grande sacrificio di dover sempre rientrare nel peso forma, era diventato quasi un incubo. Ma la voglia di girare il mondo, partendo dalla sua amata Secondigliano, ebbe ancora una volta il sopravvento sul calvario del peso.

A Mosca, malgrado il boicottaggio, erano presenti i lottatori più forti: i padroni di casa dell’URSS, i temibilissimi bulgari, gli iracheni, i siriani, gli ungheresi e quasi tutti gli asiatici. L'azzurro, preparato dall’allora commissario tecnico Vittoriano Romanacci, in cuor suo puntava al bronzo. Il 27 luglio, all’esordio, fece subito un figurone sconfiggendo per 8-4 il fortissimo polacco Jan Falandys (bronzo mondiale e vicecampione europeo in carica). Ebbe poi la meglio sul mongolo Gombyn Khishigbaatar per 17-10.

Il giorno successivo, invece, fu sconfitto nettamente dall’indiano Singh, che lo colse di sorpresa. Fu chiamato all’improvviso, senza potersi riscaldare, ma non riuscì mai ad entrare nel match e fu tradito dal nervosismo. La sfida decisiva, però, fu con il coreano Jang Se-Hong. Fu un inizio complicato, con Pollio sotto 0-3, ma soprattutto alla mercé di avversario tecnicamente fortissimo. Al termine del primo tempo la situazione volgeva al peggio, ma alla ripresa Pollio iniziò a rimontare. Ad un certo punto Jang prese il braccio dell’azzurro e lo fece volare sopra di sé, con il conseguente rischio di farlo cadere di schiena per poi mettere a segno la mossa decisiva. Pollio, incredibilmente, da ex ginnasta, ricadde davanti e prendendogli le gambe dal basso, lo mise al tappeto. Il coreano perse fiducia, accusò la rimonta, prese tre penalità per passività e fu squalificato.

Una vittoria pazzesca, ma soprattutto in condizioni menomate: una spalla fuori posto, legamenti del ginocchio usurati e una costola incrinata. Ma all’Olimpiade il dolore sparisce, mentre l’adrenalina sale. Nell’ultima giornata, decisiva per l’assegnazione delle medaglie, la tensione iniziò a salire al CSKA Sports Complex di Mosca. Pollio incontrò il campione del mondo in carica, il sovietico Sergej Kornilayev. Un avversario che non aveva mai sconfitto nei tre incontri precedenti e che si confermò imbattibile. Il 22enne napoletano, però, limitò i danni, consapevole che nel computo generale i numeri avrebbero potuto fare ancora una volta la differenza.

Un calcolo che sarà decisivo. Nella sfida seguente, Jang, già bronzo, in caso di vittoria con Kornilayev si sarebbe aggiudicato l’argento. Il pronostico era tutto a favore dell’atleta di casa, ma il coreano, con un colpo di genio, schienò l’avversario e si aggiudicò la piazza d’onore. E i numeri, ancora una volta, entrarono in scena, regalando all’Italia la medaglia d’oro più sorprendente. Claudio Pollio si laureò campione olimpico in base alla classifica avulsa a parità di vittorie nel triangolare finale. Una vittoria che resterà l’ultimo successo italiano nella specialità, quello dei numeri perfetti per una medaglia perfetta.