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BRUNA Antonio

Vercelli 14.02.1895 / Torino 25.12.1976

1920. Calcio. 4°

Dopo l’apprendistato nell’Omegna, nel 1919 viene ingaggiato dalla Juventus, che è già compagine di prima fascia, anche se non ancora quello squadrone temuto da tutti. Bruna, per tutti “Netu”, trova pure un impiego alla FIAT, anche se inizialmente non è facile disimpegnarsi tra campo e fabbrica. Comunque in bianconero è titolare fisso, nel suo ruolo di terzino, dove si segnala per dinamicità, tempismo e nel gioco di testa. Alto 1.76m per 74kg, è un buon difensore e come tale è adocchiato anche da Giuseppe Milano, l’ex colonna della Pro Vercelli con la quale ha vinto cinque campionati, che dal marzo 1920 è stato designato come CT della nostra Nazionale da un’apposita Commissione Tecnica che, incaricata dalla FIGC, ne segue e dirige ogni mossa. E’ comunque Milano ad andare in panchina, a scegliere la formazione ed a far esordire Bruna il 13 maggio 1920 a Genova nel match pareggiato 1-1 con i Paesi Bassi. Non certo il miglior viatico alla trasferta olimpica, cui i nostri si avvicinano non da favoriti. Il torneo è ad eliminazione diretta: ottavi, quarti, semifinale e finale, che assegna la medaglia d’oro. Per le altre medaglie, in maniera macchinosa, è previsto un mini-torneo di consolazione tra tutte le perdenti dai quarti in avanti. Al via 14 nazioni visto che Svizzera e Polonia, invitate, rinunciano all’ultimo momento, permettendo a Francia e Belgio, le loro avversarie designate, di accedere subito ai quarti di finale. L’Italia invece deve giocarsela e Bruna è titolare fisso, inamovibile visto che giocherà tutte le partite disputate dagli azzurri: sarà l’unico ad avere questo onore ed onere.

Il sorteggio è benevolo: il 28 agosto, alle 15.20, all’Ottenstadion di Gand, l’Italia affronta l’Egitto. Non sembra un avversario temibile e la partita si mette subito bene: al 25’ segna Baloncieri. Ma da questo momento iniziano i problemi: gli egiziani masticano calcio discretamente, non si disuniscono e dopo appena cinque minuti Osman pareggia. Si va al riposo sull’1-1, tra la sorpresa generale. Ci pensa il centravanti Brezzi a salvare la baracca, realizzando al 57’. I nostri tengono, non senza fatica, il risultato fino alla fine ed accedono ai quarti di finale. Il giorno seguente, all’Olympisch Stadion di Anversa, alle ore 15.00, di fronte a circa diecimila spettatori[1], affrontiamo la Francia. Sembra sulla carta un altro ostacolo non impossibile visto che a gennaio, sul terreno del Velodromo Sempione a Milano, l’abbiamo battuta 9-4. Stavolta è tutta un’altra storia: dopo 10’ Bard rompe il ghiaccio ed al 14’ Boyer raddoppia. Al quarto d’ora siamo già sotto 2-0, altro che goleada. Ci svegliamo un po’, ma è necessario un rigore di Brezzi al 33’ per ridarci speranza. Dopo 45’ si rimane sul 2-1 per la Francia. C’è ancora tempo e spazio per rimediare, ma al 54’ di nuovo Bard chiude il conto. Gli azzurri accusano il colpo e lasciano ai transalpini l’onore della semifinale.

Il torneo ha un esito clamoroso. La finale per il primo posto è giocata da Belgio e Cecoslovacchia. I padroni di casa sono sostenuti da un tifo fin troppo scalmanato e l’enorme pubblico viene a stento contenuto dalle forze dell’ordine. Si gioca in un clima intimidatorio per i cechi, con offese e minacce, anche da parte di molti soldati del cordone di polizia (!). L’arbitro fa il resto, favorendo sfacciatamente i padroni di casa, che vanno rapidamente sul 2-0. Per protesta i cechi abbandonano il campo: vengono squalificati e non possono accedere al torneo di consolazione per le altre medaglie. Nessuno ovviamente osa togliere l’oro al Belgio nè tanto meno pensare ad una ripetizione della gara. Nel torneo di consolazione c’è anche l’Italia che scende in campo il 31 agosto alle 10 di mattina, all’Olympisch Stadion contro la Norvegia che, a sorpresa, ha eliminato la Gran Bretagna (che ha peraltro inviato una compagine di scarsa qualità). A parte Bruna, gioca in pratica chi non ha giocato i turni precedenti. Vinciamo ma con grandissima fatica: al 40’ Andersen porta in vantaggio gli scandinavi e si rientra negli spogliatoi sullo 0-1. Ad inizio ripresa pareggia Sardi, uno dei migliori goleador del periodo, e ci vogliono i supplementari per derimere la questione: all’inizio del terzo extra-time Badini ci regala la qualificazione. Siamo dunque in corsa per una medaglia, ma bisogna vincere con la Spagna, avversario tosto e la cui porta è difesa dal giovanissimo ma già portentoso Zamora[2]. Il 2 settembre alle 16.00, all’Olympisch Stadion, purtroppo non c’è partita: una doppietta di Sesumaga (43’ e 72’) ci rimanda a casa con la “medaglia di legno”. Difatti veniamo classificati quarti, grazie anche alla squalifica della Cecoslovacchia. La Spagna guadagna l’argento, superando nella “finalina” i Paesi Bassi (bronzo) per 3-1. L’Italia torna a casa con due vittorie e due sconfitte, un bilancio mediocre per un movimento calcistico in ascesa e che a livello nazionale sta suscitando sempre più attenzione su stampa e tifosi, ma ancora lontano dai vertici europei.

Dopo i Giochi, Bruna non vestirà più la maglia azzurra, fermandosi dunque a 5 presenze in Nazionale e ad un’esperienza olimpica non impeccabile a livello generale. Continuerà invece la sua carriera con grande onore nella Juventus, dove totalizzerà, fino al 1925, 97 presenze e perfino un gol su rigore, nella prima partita della stagione 1921-22, a Verona contro l’Hellas[3]. Bruna sarà abbastanza famoso a Torino e dintorni, per vari motivi. I dirigenti bianconeri difatti chiederanno al Presidente e fondatore della Fiat, Giovanni Agnelli, maggiori permessi dal lavoro per fargli svolgere al meglio gli allenamenti: leggenda vuole che proprio da questo primo approccio favorevole nasca il sempre maggior coinvolgimento della famiglia Agnelli nella Juventus[4]. Inoltre la figura di Bruna, considerata atleticamente e stiliscamente perfetta, verrà scelta per essere rappresentata su un manifesto pubblicitario appeso per tutta Torino. Bruna è costretto a lasciare l’attività a 30 anni causa alcuni infortuni che ne minano il rendimento. Sfrutterà la sua esperienza in FIAT per ottenere un posto di primo piano nella Simca, trasferendosi a Parigi per lungo tempo. Se ne va a 81 anni per un enfisema polmonare, all’Ospedale Mauriziano di Torino.


[1] Cifra notevole per l’epoca e dovuta solo al fatto che dopo il match dell’Italia giocherà il Belgio contro la Spagna e dunque molti spettatori si godono doppio spettacolo con un solo biglietto

[2] Ricardo Zamora, nato a Barcellona il 21.01.1901. Considerato tra i più grandi portieri di tutti i tempi, guizzante ed innovativo, soprannominato el divino per la sua grande classe. Leggenda vuole che la sua bravura fosse tale da “ipnotizzare” gli attaccanti. Ha giocato con Barcellona, Espanol e Madrid FC, collezionando 46 presenze in Nazionale, vincendo 2 Campionati Nazionali e 5 Coppa di Spagna

[3] La partita finisce 3-1 per la Juventus e Bruna segna l’ultimo gol bianconero

[4] Ufficialmente la famiglia Agnelli entra nella Juventus nell’estate del 1923 quando Edoardo, figlio di Giovanni, diventa Presidente del sodalizio bianconero