Corte Federale D’Appello, Sez. Unite, FIGC, decisione N. 0091/CFA/2024-2025
Titolo/Oggetto |
Decisione del TRIBUNALE FEDERALE NAZIONALE – SEZIONE DISCIPLINARE N. 0135 DEL 03.02.205 – GIURISDIZIONE SPORTIVA |
Estremi provvedimento |
Corte Federale D’Appello, Sez. Unite, decisione N. 0091/CFA/2024-2025 - REGISTRO PROCEDIMENTI N. 0090/CFA/2024-2025 – Mario Luigi Torsello (Presidente), Salvatore Lombardo (Componente), Vincenzo Barbieri (Componente), Luca De Gennaro (Componente), Salvatore Casula (Componente relatore) |
Massima |
Rientra nella giurisdizione esclusiva del giudice sportivo la controversia di natura tecnica e disciplinare, ai sensi del D.L. n. 220/2003, convertito nella L. n. 280/2003, secondo cui, ai sensi dell’art. 1, «la Repubblica riconosce e favorisce l’autonomia dell’ordinamento sportivo nazionale, quale articolazione dell’ordinamento sportivo internazionale facente capo al Comitato Olimpico Internazionale. Ai sensi dell’art.2, punto b), è riservata all’ordinamento sportivo la disciplina delle questioni aventi ad oggetto i comportamenti rilevanti sul piano disciplinare e l’irrogazione ed applicazione delle relative sanzioni disciplinari». L’art. 4, comma 1, CGS FIGC sancisce che: «i soggetti di cui all'art. 2 sono tenuti all'osservanza dello Statuto, del Codice, delle Norme Organizzative Interne FIGC (NOIF), nonché delle altre norme federali e osservano i principi della lealtà, della correttezza e della probità in ogni rapporto comunque riferibile all'attività sportiva». L’art. 13, commi 1 e 2, CGS dispongo che: «1. La sanzione disciplinare è attenuata se dai fatti accertati emerge a favore del responsabile una o più delle seguenti circostanze: a) avere agito in reazione immediata a comportamento o fatto ingiusto altrui; b) aver concorso, il fatto doloso o colposo della persona offesa, a determinare l'evento, unitamente all'azione o omissione del responsabile; c) aver riparato interamente il danno o l'essersi adoperato spontaneamente ed efficacemente per elidere o attenuare le conseguenze dannose o pericolose dell'infrazione, prima del giudizio; d) aver agito per motivi di particolare valore morale o sociale; e) aver ammesso la responsabilità o l'aver prestato collaborazione fattiva per la scoperta o l'accertamento di illeciti disciplinari. 2. Gli organi di giustizia sportiva possono prendere in considerazione, con adeguata motivazione, ulteriori circostanze che ritengono idonee a giustificare una diminuzione della sanzione». L’art. 24, comma 1, CGS prevede che: «ai soggetti dell'ordinamento federale, ai dirigenti, ai soci e ai tesserati delle società appartenenti al settore professionistico è fatto divieto di effettuare o accettare scommesse, direttamente o indirettamente, anche presso i soggetti autorizzati a riceverle, che abbiano ad oggetto risultati relativi ad incontri ufficiali organizzati nell’ambito della FIGC, della FIFA e della UEFA». L’art. 101, comma 3, CGS sancisce che: «il reclamo deve contenere le specifiche censure contro i capi della decisione impugnata. Le domande nuove sono inammissibili. Possono prodursi nuovi documenti purché analiticamente indicati nel reclamo e comunicati alla controparte unitamente allo stesso». L’art. 106, comma 2, CGS statuisce che: «la Corte federale di Appello, se valuta diversamente, in fatto o in diritto, le risultanze del procedimento di primo grado, riforma in tutto o in parte la decisione impugnata decidendo nel merito con possibilità di aggravare le sanzioni a carico dei reclamanti. Se rileva motivi di inammissibilità o di improcedibilità del ricorso di primo grado, annulla la decisione impugnata senza rinvio. Se rileva che l’organo di primo grado non ha provveduto su tutte le domande contenute nel reclamo, non ha preso in esame circostanze di fatto decisive agli effetti del procedimento o non ha motivato la propria pronuncia, riforma la decisione impugnata e decide nel merito. Se ritiene insussistente la inammissibilità o la improcedibilità dichiarata dall’organo di primo grado o rileva la violazione delle norme sul contraddittorio, annulla la decisione impugnata e rinvia, per l’esame del merito, all’organo che ha emesso la decisione». |
Keywords |
GIURISDIZIONE SPORTIVA - SANZIONE DISCIPLINARE |
La sentenza della Corte Federale D’Appello, Sez. Un., n. 0091/CFA/2024-2025 respinge il reclamo proposto dal Sig. G.C. La vicenda esaminata trae origine dal reclamo proposto dal Sig. G.C., tesserato in qualità di allenatore per la Società Arezzo nella stagione sportiva 2023/2024, avverso la decisione del Tribunale Federale Nazionale, Sez. Disciplinare, n. 135 del 03.02.2025, pronunciata a seguito del deferimento della Procura Federale, con cui gli era stata comminata la sanzione della squalifica per anni tre, a decorrere dal prossimo tesseramento, e l’ammenda di € 25.000,00. La Procura Federale avviava l’indagine a seguito della segnalazione, da parte del Nucleo operativo della Guardia di Finanza di Arezzo, in data 23.7.2024, a seguito di una indagine diretta a contrastare l’offerta illecita di scommesse presso una Società di Arezzo dove erano state rilevate tre vincite, realizzate dal Sig. G.C., per un importo totale di € 4.200,00, tutte riferite alla partita di Campionato di Serie A Roma/Torino del 26.2.2024; la segnalazione era corredata dalla copia dei ticket delle scommesse e dalla scheda di identificazione del cliente, attestante la riscossione della vincita del giorno 27 febbraio 2024. Successivamente, il Nucleo della Guardia di Finanza di Arezzo inviava ulteriore documentazione acquisita presso la Sisal S.p.A., in cui si attestava che le tre suddette scommesse vincenti risultavano essere state riscosse in contanti dal Sig. G. C.; risultavano anche altre 21 vincite, per un importo pari ad € 50.000,00, sempre su scommesse effettuate dallo stesso soggetto su competizioni virtuali. La Procura Federale deferiva il Sig. G.C. per la violazione dei principi di lealtà̀, correttezza e probità̀, nonché́ dell’obbligo di osservanza delle norme e degli atti federali, di cui all’art. 4, comma 1, CGS, e per la violazione dell’articolo 24, comma 1, CGS, per aver effettuato direttamente, presso il punto vendita di Arezzo, concessionario Sisal S.p.A., tre scommesse aventi ad oggetto risultati relativi all’incontro ufficiale organizzato nell’ambito delle gare di Serie A della F.I.G.C., in particolare del tipo “scommesse singole a quota fissa live”, ovvero ad avvenimento in corso, riferite alla gara Roma/Torino, disputata allo Stadio Olimpico, in data 26.02.2024, alle ore 18,30. Ascoltato durante le indagini, il Sig. G.C. aveva ammesso che gli era capitato di effettuare scommesse di gruppo, ma mai su eventi calcistici; affermava, altresì, di non ricordare lo specifico episodio oggetto di indagine, riferendo che il documento di identità allegato alla scheda di identificazione del cliente non fosse suo, in quanto non ne era in possesso da oltre un anno, avendolo smarrito, e che la firma in calce alla scheda doveva essere ritenuta apocrifa. In fase di indagine, veniva rilasciata una dichiarazione da parte del Sig. L.A., dipendente del punto scommesse, il quale aveva riconosciuto, nella persona del Sig. G.C., il soggetto che si era presentato per riscuotere le tre vincite, in quanto da lui identificato per mezzo del documento di identità poi allegato alla scheda Sisal. Prima dell’udienza dinanzi al Tribunale Federale Nazionale, fissata per il giorno 5.12.2024, il Sig. G.C., per il tramite del suo difensore, inviava una memoria con la quale ribadiva di disconoscere il contenuto della scheda Sisal e la veridicità della sua sottoscrizione, come certificato a seguito della consulenza grafologica che depositava. Ancora, oltre ad evidenziare che non era più in possesso, ormai da tempo, del documento di identità, contestava l’incompletezza delle dichiarazioni rese dal dipendente dell’Agenzia di scommesse, poiché non aveva confermato esplicitamente che il soggetto presentatosi all’incasso delle tre scommesse corrispondesse alla persona presente nella foto del documento, né che, comunque, fosse persona a lui nota. All’udienza del 5.12.2024, la Procura Federale, nell’illustrare le ragioni sottese all’atto di deferimento, chiedeva l’irrogazione, nei confronti del Sig. G.C., della sanzione della squalifica per anni tre e l’ammenda di € 25.000,00. Il difensore del deferito domandava, invece, il proscioglimento del proprio assistito. Con ordinanza, il Tribunale Federale Nazionale invitava la difesa a depositare copia della denuncia dell’asserito smarrimento del documento di identità e copia degli estratti conto bancari attestanti gli accrediti degli stipendi calcistici percepiti da G.C. negli anni 2023 e 2024. Invitava, inoltre, la Procura Federale a domandare al centro di scommesse di precisare le modalità di riscossione delle vincite sulle scommesse virtuali, così come risultanti dalle relazioni della Guardia di Finanza. Alla successiva udienza, tenutasi in data 23.1.2025, dopo che le parti avevano ottemperato a quanto richiesto dal Giudice di prime cure, la Procura Federale riformulava le richieste sanzionatorie in anni quattro di squalifica e € 25.000,00 di ammenda sul presupposto che dall’attività di indagine espletata erano emerse numerose schede identificative attestanti versamenti effettuati dal Sig. G.C. per scommettere presso quella stessa Agenzia di scommesse, tutte riportanti, tra l’altro, il numero di telefono cellulare in uso al deferito. La difesa insisteva su quanto già precedentemente dedotto e, pertanto, domandava nuovamente il proscioglimento. Il Tribunale Federale Nazionale, nel considerare comprovati i fatti contestati, irrogava, nei confronti del Sig. G.C., la sanzione della squalifica per anni tre e l’ammenda di € 25.000,00. Avverso tale decisione, il Sig. G.C. proponeva reclamo dinanzi alla Corte Federale di Appello. Preliminarmente, con il primo motivo di gravame, contestava quanto sostenuto dal Giudice di prime cure e l’essere ritenuto un soggetto dedito abitualmente alle giocate, in quanto era risultato che lo stesso avesse effettuato 14 scommesse nell’arco di un anno. Egli negava di aver effettuato, in una sola giornata, le 24 scommesse su eventi virtuali, che avevano determinato altrettante vincite a suo nome, tutte riscosse in contanti, poiché tutte le scommesse da lui giocate avvenivano tramite bonifici bancari. Il reclamante affermava che il Tribunale avrebbe dovuto escludere un suo diretto coinvolgimento in merito ai fatti. La difesa deduceva che, nel caso di specie, si era verificato “un furto di identità”, da cui era scaturito anche un esposto alla Procura della Repubblica di Arezzo. Il Sig. G.C., oltretutto, affermava di non conoscere il dipendente dell’Agenzia delle scommesse. Ribadiva, ancora una volta, di aver smarrito il suo documento di identità e di aver presentato denuncia il giorno 14.6.2022, per dimostrare che non poteva essere stato lui l’autore delle scommesse contestate, soprattutto perché in quella data era in possesso di altro differente documento. Il reclamante sottolineava che, in virtù del principio del “più probabile che non”, il Tribunale avrebbe dovuto pronunciare una sentenza di proscioglimento nei suoi confronti. Con il secondo motivo di gravame, il difensore del Sig. G.C. contestava la determinazione della pena inflitta, soprattutto per il comportamento collaborativo tenuto dal deferito durante le indagini, evidenziando che lo stesso, fino a quel momento, non aveva mai avuto altri procedimenti sportivi a proprio carico e che la violazione si sarebbe verificata in un’unica circostanza: per tali ragioni, il primo Giudice avrebbe dovuto tenere conto delle circostanze attenuanti ex art. 13, commi 1 e 2, CGS. Infine, in via istruttoria, chiedeva che fosse disposta una “CTU tecnico-grafica sulla scheda identificativa del cliente al fine di valutare se la stessa fosse stata compilata e sottoscritta dal G.C.” La Procura Federale eccepiva l’inammissibilità del reclamo per mancata specificità delle censure e conseguente violazione dell’art. 101, comma 3, CGS. Con particolare riferimento al merito, la Procura Federale confutava la fondatezza del reclamo e affermava che le prove poste a carico del Sig. G.C. erano idonee a contestare la violazione in capo allo stesso. Riguardo alla denuncia di smarrimento del documento di identità, l’Organo inquirente la riteneva priva di sostanziale credibilità in quanto effettuata solo in prossimità della prima udienza dinanzi al Tribunale Federale Nazionale, mentre il fatto, in sé, era già noto quando il Sig. G.C. era stato ascoltato in sede di indagini, così come l’identità del soggetto che aveva riscosso le vincite delle tre scommesse era stata accertata dal funzionario dell’Agenzia Sisal. Ancora, la Procura contestava quanto dedotto da controparte in merito alla errata valutazione dello standard probatorio e richiamava, a sostegno, costante giurisprudenza sportiva, secondo cui il valore probatorio sufficiente per accertare la realizzazione di un illecito disciplinare deve essere attestato ad un livello superiore rispetto alla semplice valutazione di probabilità, ma inferiore all’esclusione di ogni ragionevole dubbio. Concludeva non ritenendo applicabili, al caso in esame, le circostanze attenuanti di cui all’art. 13, commi 1 e 2, CGS, così come inammissibile la richiesta istruttoria avanzata riguardo alla consulenza tecnica grafologica sulla scheda di identificazione. La Corte Federale D’Appello, dopo aver esaminato gli atti e valutato le motivazioni addotte, respingeva il reclamo presentato dal Sig. G.C. La Corte, preliminarmente, riteneva di dover prendere in esame l’eccezione di inammissibilità del reclamo sollevata dalla Procura Federale. Sul punto, riprendeva quanto sancito dall’art. 101, comma 3, CGS, secondo cui il reclamo deve contenere le specifiche censure contro i capi della decisione impugnata e, a tal riguardo, questa Corte, già̀ ripetutamente, aveva avuto modo di pronunciarsi ed affermare il principio secondo cui non debba essere data una lettura formalistica della norma in questione. La ratio ad essa sottesa è, appunto, quella di garantire che siano sviluppate adeguate argomentazioni critiche, corredate da puntuali ragioni di fatto e di diritto idonee a giustificare la censura e porre in risalto l’erroneità̀ della decisione, per cui l’onere di detta specificazione deve ritenersi assolto qualora la parte abbia comunque argomentato le ragioni del dissenso dalla soluzione adottata in prime cure (cfr. CFA, SS.UU., n. 39/2023-2024). Tale orientamento è conforme a quanto affermato dalla Corte di Cassazione, secondo la quale, in materia di appello, l'inammissibilità̀ del gravame, per violazione dell'art. 342 c.p.c., sussiste solo quando il vizio investe l'intero contenuto dell'atto, mentre, quando è possibile individuare motivi o profili autonomi di doglianza, sufficientemente identificati, è legittimo scrutinare questi ultimi nel merito, resecandoli dalle ragioni d'impugnazione viziate da genericità̀ (così testualmente: Cass. Civ., Sez. III, 7.10.2015, n. 20124). Nel caso che ci occupa, il reclamante confutava l’intera motivazione posta alla base della decisione del Giudice di prime cure, illustrando i motivi sottesi alle proprie ragioni e pretese. Per tali ragioni, l’eccezione di inammissibilità del reclamo non poteva essere accolta. Chiarito tale aspetto, il Collegio passava alla valutazione del merito, ritenendo il reclamo infondato. Secondo la Corte, era documentalmente provato che, in data 26.2.2024, erano state effettuate, presso l’Agenzia di Arezzo, tre scommesse sulla gara del Campionato professionistico di Serie A Roma/Torino, in quel momento in corso, di € 600,00 ciascuna, determinando una vincita complessiva di € 4.200,00, e che il premio era stato riscosso il giorno seguente, in contanti, da parte del Sig. G.C., così come identificato dal dipendente dell’Agenzia Sisal tramite il documento di identità esibito dallo stesso G.C. al momento dell’incasso ed allegato alla “scheda di identificazione Cliente”. Altresì, i ticket delle scommesse, acquisiti in sede di indagini preliminari, riportavano, oltre al nominativo del G.C., anche il suo codice fiscale e il numero di cellulare a lui in uso. Il Collegio precisava che il Sig. G.C., alla data della violazione contestata, era tesserato per la Società S.S. Arezzo S.r.l., militante nel Campionato professionistico di Lega Pro. Alla luce di tali motivazioni, la Corte riteneva raggiunta la prova della sussistenza della violazione ascritta. Secondo il giudicante, le prove documentate dalla Procura Federale non potevano essere confutate dalle tesi difensive fornite nel presente giudizio e in quello di primo grado, secondo cui il Sig. G.C. sarebbe stato vittima di un “furto di identità” e che, quindi, era stato un altro soggetto a presentarsi per la riscossione della vincita, tra l’altro, con il documento di identità smarrito dallo stesso G.C. Il Comune di Arezzo aveva attestato che, dal 2010 a quel momento, il Sig. G.C. aveva ottenuto cinque carte d’identità, le ultime quattro a seguito di denunce di furto o di smarrimento. In particolare, in data 9.5.2023, gli era stata consegnata una carta di identità̀ a seguito di denuncia di smarrimento, in data 14.6.2022, della vecchia carta di identità̀. Tale circostanza non poteva essere presa in considerazione come prova del fatto che, al momento della effettuazione delle tre scommesse, il Sig. G.C. non fosse in possesso del documento di identità mostrato al dipendente Sisal quando era andato a riscuotere la vincita, posto che il medesimo documento avrebbe potuto ritrovarlo successivamente alla data di smarrimento. Con particolare riferimento alla consulenza tecnica della scheda identificativa, il Collegio riteneva, a differenza di quanto sostenuto dalla difesa, che, se anche il documento materialmente non fosse stato compilato e sottoscritto da G.C., tale circostanza non aveva alcun particolare valore dimostrativo in quanto, se lo stesso avesse volutamente utilizzato un documento di cui ne aveva denunciato lo smarrimento, al fine di contestare una eventuale attribuzione a sé della scommessa, difficilmente avrebbe compilato e sottoscritto la scheda al momento della riscossione. La Corte non condivideva, inoltre, la tesi della parte reclamante riguardo al fatto che il Tribunale non avesse correttamente applicato il principio “del più probabile che non”, per non aver motivato il rigetto della tesi difensiva in ordine allo smarrimento da oltre un anno del documento di identità. Ad ogni modo, il Collegio ricordava che anche nel giudizio sportivo trova applicazione il principio della giurisprudenza amministrativa, secondo cui “nel giudizio amministrativo l'effetto devolutivo proprio del giudizio d'appello comporta, ex se, l'integrale rivalutazione delle questioni controverse che vengano in tale sede riproposte, con modifica o integrazione della motivazione della sentenza impugnata, ove necessario [...]” (Cfr. Cons. Stato, Sez. V, 5.4.2024, n. 3148). Ancora, affermava che, più volte, questa stessa Corte ha sottolineato che nel reclamo, proposto dinanzi alla Corte Federale d’Appello, si assiste ad un’automatica riemersione in grado di appello di tutto il materiale di cognizione introdotto nel precedente grado di giudizio. Il reclamo nel giudizio sportivo, dunque, deve ritenersi un mezzo di gravame con carattere devolutivo pieno, non limitato al controllo di vizi specifici, ma rivolto ad ottenere il riesame complessivo della causa nel merito, per cui il giudice dell’impugnazione è chiamato a decidere, pur nei limiti della domanda come riproposta, anche sui motivi di ricorso non adeguatamente affrontati dal primo giudice (cfr. CFA, SS.UU., n. 74/2020-2021). Il Collegio, altresì, sottolineava che nel procedimento sportivo la mancanza della motivazione non rappresenta una causa di nullità della pronuncia e il conseguente accertamento non determina una retrocessione al precedente grado di giudizio, come previsto dall’art. 106, comma 2, terzo periodo, del Codice di Giustizia Sportiva. Nel caso di specie, diversi elementi probatori confermavano che era stata raggiunta la prova dell’incasso delle tre scommesse da parte del Sig. G.C. Altra circostanza significativa era che nei tre ticket delle vincite ci fosse scritto il numero del telefono cellulare del reclamante. Ulteriore elemento a carico di G.C. era che, per sua stessa ammissione, era solito scommettere presso l’Agenzia di Arezzo, dove aveva effettuato anche quelle per cui oggi era stato condannato. Questa Corte evidenziava anche il fatto che il reclamante, in udienza, aveva disconosciuto il numero telefonico indicato nei ticket di vincita, a differenza di quanto dichiarato dall’Agenzia Sisal; sul punto, il Collegio citava costante giurisprudenza, secondo cui lo standard probatorio richiesto non si spinge fino alla certezza assoluta della commissione dell'illecito, né al superamento del ragionevole dubbio, come nel diritto penale. È, invece, sufficiente un “confortevole convincimento” della violazione, a sua volta sostenuto da un grado di prova che superi la semplice valutazione della probabilità̀, comunque inferiore all'esclusione di ogni ragionevole dubbio. Il procedimento logico da seguire si deve articolare in due distinti momenti valutativi: il primo, consiste nell'analisi di tutti gli elementi indiziari, in modo da scartare quelli irrilevanti; il secondo, si risolve nel complessivo apprezzamento degli indizi così isolati, onde verificare se questi siano concordanti e se la loro combinazione consenta una valida prova presuntiva, non raggiungibile attraverso un'analisi atomistica degli stessi. Per la configurabilità̀ di una presunzione giuridicamente valida non occorre, pertanto, che tra il fatto noto e quello ignoto sussista un legame di assoluta ed esclusiva necessità causale, ma è sufficiente che il fatto da provare sia desumibile da quello noto come conseguenza ragionevolmente possibile, secondo un criterio di normalità̀ basato sull’ id quod plerumque accidit, essendo la deduzione logica una valutazione che, in quanto tale, deve essere probabilmente convincente, non oggettivamente inconfutabile (cfr. Cass. Civ., Sez. II, 30.10.2024, n. 28015 - con ampi richiami giurisprudenziali). Ancora, la Corte considerava irrilevante la denuncia dello smarrimento del documento di identità, avvenuta un anno e mezzo prima, e che la compilazione e la sottoscrizione della scheda identificativa potesse essere stata vergata dal reclamante. Alla luce di tali motivazioni, il primo motivo di reclamo era ritenuto infondato. Il Collegio considerava privo di fondamento anche il secondo motivo di gravame riguardo alla mancata applicazione delle circostanze attenuanti ex art. 13, comma 2, CGS, poiché il G.C. non aveva mai ammesso la propria responsabilità, così come non era mai emersa una sua pronta collaborazione al fine di accertare la commissione dell’illecito disciplinare. In conclusione, non poteva essere riconosciuta l’attenuante di cui all’art. 13, comma 1, lett. c), CGS, così come l’assenza di precedenti procedimenti disciplinari non poteva giustificare una riduzione della sanzione per una violazione come quella contestata al reclamante, tra l’altro, irrogata nei minimi edittali. Da ultimo, veniva respinta anche la richiesta istruttoria inerente alla consulenza tecnica d’ufficio diretta ad accertare la sottoscrizione della scheda identificativa cliente. Alla luce di quanto sopra esposto, la Corte Federale D’Appello respingeva il reclamo proposto dal Sig. G.C. |
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Avv. Ludovica Cohen |