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In scena ieri a Spoleto la 'generazione di fenomeni'. Bernardi: noi campioni per talento e sacrificio

bernardispoleto2Sul palco come sul parquet, Lorenzo Bernardi continua ad affascinare. Il tecnico della Sir Perugia, simbolo dell’Italvolley che dominò a livello internazionale negli anni ’90, vincendo anche un argento olimpico ad Atlanta '96, è stato uno dei protagonisti principali del secondo appuntamento delle “Conversazioni di Sport”, la serie di eventi con cui il CONI partecipa quest’anno alla 60esima edizione del Festival di Spoleto. “Il miglior giocatore di pallavolo del XX secolo” ha raccontato ieri sera la sua “generazione di fenomeni” e parlato dell’attualità, anche nella veste di membro del Consiglio Nazionale del Comitato Olimpico Nazionale Italiano. Un dibattito interessante, moderato dal giornalista della Gazzetta dello Sport, Valerio Piccioni, che ha ricevuto la testimonianza degli altri “fenomeni” del tiro a volo azzurro che a Rio 2016 hanno conquistato cinque medaglie e rappresentati dal presidente FITAV, Luciano Rossi e dal ct del double trap, Mirco Cenci. Un incontro arricchito dai contributi del presidente del CONI Umbria, Domenico Ignozza, dal direttore della Scuola dello Sport, Rossana Ciuffetti, dal dirigente della Monini Marconi Volley, Maurizio Zualdi e dal referente per lo sport del Comune di Spoleto, Roberto Settimi.

 

bernardispoleto3La terza e ultima “Conversazione di Sport” al Festival si terrà  sabato 15 luglio (ore 19.30), quando, alla presenza del Segretario Generale del CONI, Roberto Fabbricini, lo scrittore Gianrico Carofiglio guiderà gli spettatori nella ‘Nobile Arte’ de “L’ultima ripresa”, attraverso i ricordi di pugili come l’olimpionico e umbro d’adozione, Roberto Cammarelle, oro a Pechino 2008, argento a Londra 2012 e bronzo ad Atene 2004, Alessia Mesiano, campionessa mondiale 2016, e Nino Benvenuti, oro a Roma ’60 e ispiratore di diverse generazioni di boxer che ancora oggi preparano il sogno olimpico nel centro federale di Assisi.

 

Il CONI è presente a Spoleto anche con la mostra sulle Fiaccole Olimpiche, esposte al Chiostro assieme alle divise delle spedizioni azzurre, ai francobolli, alle locandine delle varie edizioni olimpiche e a una mostra sulla Scuola dello Sport del CONI, punto di riferimento della cultura sportiva italiana.

 

Lorenzo Bernardi, tecnico della Sir Perugia e membro del Consiglio Nazionale del CONI: “Nel mondo dello sport non è facile vincere, ma è una cosa possibile. L’accesso alla vittoria è per tutti. Diventa difficile ripetersi e quando una squadra riesce a vincere e restare ai vertici del ranking mondiale per due, se non tre quadrienni olimpici, significa che aveva un talento molto più marcato rispetto alle altre. Ma il talento non è sufficiente, non è sufficiente quella dote che magari ce la troviamo anche noi, qualcosa che ti viene più facile rispetto agli altri. Io adesso mi trovo ad allenare e spesso mi chiedono: ma il talento che avevi tu o gli altri non c’è in questi giocatori qua? Può essere, ma non è tanto questo che ha fatto diventare la nostra squadra la generazione di fenomeni, amplierei il concetto e lo porterei anche su una sorta di sacrificio: stare in palestra dall’89 in poi con la consapevolezza della nostra forza, anche dopo aver vinto moltissimo, ma con la voglia di migliorare in continuazione. Poi certo, non siamo riusciti a sfatare il tabù olimpico, però sicuramente la nostra squadra può andare fiera e dire che ci ha provato in tutti i modi”.  "Con il CONI stiamo combattendo molto per la dual career, vuol dire preparare gli atleti a un dopo. Fin quando sei un atleta non ci pensi e vivi una vita anche abbastanza irreale. Nel mondo del calcio, in particolare, è una vita finta perché, se ci atteniamo alle cifre che escono sui giornali, sono cifre spropositate.  Se Donnarumma ha fatto una valutazione economica nel dire ‘a me il titolo di studio non serve’ penso che l’esempio sia ancora più spiacevole nei confronti dei ragazzi della sua età che vedono in lui qualcuno che ha qualcosa in più. Il segnale che ha trasmesso ai giovani è negativo anche perché nel mondo dello sport ci può essere dietro l’angolo qualcosa che ti può mettere una sbarra davanti e hai finito di partecipare correre, guadagnare, di essere quello che eri o saresti potuto diventare. Mi auguro che da parte sua ci sia un ripensamento perché, visto che riteniamo lo sport un aspetto culturale ed educativo, e visto che vogliamo portare lo sport nelle scuole - perché è dalle scuole che nasce il ragazzino, l’appassionato, il praticante, il giocatore, il campione e il fuoriclasse - noi uomini di sport dobbiamo salvaguardare questi valori. E il valore che ci viene dato dalla scuola è di fondamentale importanza".

 

Luciano Rossi, presidente FITAV: “Il tiro a volo fa parte del nostro DNA, ma con grande umiltà ci siamo resi conto che nel mondo c’era una crescita in qualità e in quantità che voleva renderci meno forti e credibili. Lo abbiamo capito anche dopo l’unica esperienza della nostra federazione non positiva: l’appuntamento olimpico di Seul che era considerato il passaggio più facile dei Giochi Olimpici, ma noi ci siamo complicati la vita ottenendo un risultato catastrofico perché era tutto già dato per scontato. La nostra è una pratica sportiva che è cresciuta in maniera esponenziale negli anni, a Rio abbiamo qualificato 9 carte olimpiche su 10, siamo stati la prima nazione al mondo a qualificare 9 atleti. Sette sono andati in finale di cui cinque sono andati a medaglia, con due ori e tre argenti. È stato un risultato straordinario.  Abbiamo sostanzialmente modificato un approccio culturale che prima era spontaneo e improvvisato con un sistema molto più serio e scientifico. Abbiamo investito nei vari settori giovanili. Da un’impostazione pioneristica e appassionata si è passati alla necessità di fare un salto qualitativo impressionante, la nostra passione e il nostro entusiasmo per la pratica sportiva del nostro paese necessita di maggiore formazione, di un vero passaggio culturale. Il fatto che a Spoleto, nel Festival dei Due Mondi, tra i grandi eventi ci sia questo diadema che è il significato culturale dello sport è molto importante e mi complimento con chi ha avuto la lungimiranza di credere in questo percorso". 

 

Mirco Cenci, ct del double trap: "La federazione è molto attenta al problema ambientale e al sostegno delle nostre società e degli impianti in cui siamo leader del mondo. Tanti altri Paesi si sono adoperati per copiarli, sviluppando le attività nelle loro federazioni. Questo ha reso molto difficile portare avanti le nostre vittorie. Grazie a una grande federazione e a un grande presidente riusciamo a combattere ancora con tutti i Paesi e a primeggiare, come fatto alle Olimpiadi di Rio".

 

Domenico Ignozza, presidente CONI Umbria: “Il compito di un presidente regionale del CONI, in questo momento, è il più difficile che possa esistere in ambiente CONI. Il CONI è impegnato fortemente per la nuova cultura dello sport. Oggi non si va nelle scuole a parlare di avviamento allo sport, ma il CONI parla di attività motoria di base. È una rivoluzione voluta dal Presidente Malagò che sicuramente serve a creare quella cultura sportiva che deve portarci sicuramente ad avere i grandi campioni e i fenomeni ma, nel frattempo, creare un movimento di base capace di alimentare le società e il movimento di alto livello. Per fare questo servono le infrastrutture sportive eccessivamente grandi? In Umbria le priorità sono quelle di mettere in sicurezza l’impiantistica che abbiamo. Abbiamo un’impiantistica molto datata, diffusa sul territorio perché il Presidente del CONI Rossi, in un periodo tragico di questa Regione ha avuto il compito gravoso di gestire la ricostruzione sportiva. Non abbiamo un Palazzetto dello Sport a Terni, che sarà presto costruito, non abbiamo un Palazzetto dello Sport a Spoleto, il terremoto ci ha tolto le infrastrutture sportive della Valnerina che tanto facevano per la promozione sportiva di questo territorio. La domanda che il Presidente del CONI si pone è: servono tanti palazzetti? Forse occorre concentrarsi sulle necessità reali del territorio. Avere palazzetti in grado di ospitare attività giovanili, nazionali ma che non richiedano grandi numeri e sforzi di gestione. Dico: ifrastrutture sì ma con oculatezza". 

 

Rossana Ciuffetti, direttore della Scuola dello Sport: “C’è la necessità di lavorare sul territorio che deve tornare al centro del sistema sportivo italiano perché è da lì che nascono i campioni, dove si fa l’attività sportiva di base. A noi le Scuole regionali dello Sport stanno dando una grossa mano e siamo contenti di avere tante federazioni che lavorano con le Scuole regionali e la Scuola nazionale. Bisognerebbe ritornare ad avere l’intuito di Giulio Onesti e intercettare quelle che sono le innovazioni per capire quello che sarà lo sport tra 20 anni”.

 

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