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Due azzurri sul podio nel salto ostacoli: vince Tommaso Lequio di Assaba secondo Alessandro Valerio

100 anni fa i Giochi Olimpici ad Anversa
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Nel giorno della cerimonia di chiusura dei Giochi della VII Olimpiade, i cavalieri italiani furono i grandi protagonisti del concorso di salto ad ostacoli. Tommaso Lequio di Assaba ed Alessandro Valerio si aggiudicarono rispettivamente l’oro e l’argento nella prova individuale, rimpinguando il bottino di medaglie degli sport equestri.

Ettore Caffaratti aveva vinto il bronzo nel concorso completo individuale e l’argento nella prova a squadre assieme a Garibaldi Spighi, Giulio Cacciandra e Carlo Asinari, cui seguì l’altro bronzo nel salto ad ostacoli a squadre sempre con Caffaratti, Cacciandra, Asinari ed Alessandro Alvisi. Per la scuola equestre italiana fu l’apoteosi: cinque medaglie nelle sette prove in programma.

Tommaso Lequio, era figlio del generale Clemente, che assunse il cognome onorifico di Assaba, grazie ad un’impresa nella campagna di Libia, dove sconfisse i berberi condotti da Suleiman al Baruni. In gioventù si arruolò nel Regio Esercito e fu assegnato all’Arma di Cavalleria, distinguendosi nella Prima Guerra Mondiale in forza al 6° Reparto, tanto da essere decorato con la medaglia di bronzo al valor militare. L’Italia aveva vinto la sua prima medaglia d’oro a Parigi nel 1900, con Gian Giorgio Trissino - ex aequo con il francese Dominique Gardères - nel salto in alto con 1,85 mt., anche se poi gli sport equestri uscirono dal programma olimpico fino a Stoccolma 1912, quando ritornarono con una formula moderna ed evoluta.

La gara si disputò allo Stadio Olimpico, in un’unica manche, in cui si sfidarono venticinque cavalieri in rappresentanza di sei paesi. L’Italia schierò sei binomi: Tommaso Lequio di Assaba su Trebecco, Alessandro Valerio su Cento, Santorre de Rossi di Santa Rosa su Neruccio, Garibaldi Spighi su Virginia, Ruggero Umbertalli su Proton ed Emilio Benini su Passero. Il tenente Lequio di Assaba, tra i più giovani con i suoi quasi 27 anni, non era tra i favoriti della vigilia, ruolo che spettava ad Umbertalli, che l’anno prima si era imposto ai Giochi Interalleati (una sorta di Olimpiade riservata agli atleti militari degli Stati usciti vincitori dal conflitto mondiale), il test più attendibile per valutare le credenziali dei cavalieri in gara ad Anversa.

Lo svedese Carl Gustaf Lewenhaupt fu l’unico concorrente in gara ad aver partecipato alla prova olimpica di quattro anni prima nel suo Paese, rappresentante della scuola scandinava ricca di tradizione e talento, che proprio ai Giochi di Anversa si aggiudicò quattro prove su sette. I cavalieri dovevano effettuare un percorso costituito da dodici barriere con altezza massima di 1,40 mt. su una lunghezza di circa 1000 mt. Lequio di Assaba, considerato un maestro di stile, sbaragliò gli avversari e con due sole penalità conquistò il titolo olimpico. Una gioia immensa, che fece il paio con l’argento di Alessandro Valerio, maggiore del Reggimento Artiglieria a Cavallo, che chiuse con tre penalità. Bronzo, quindi, per il capitano Lewenhaupt, con quattro penalità.

Più indietro, invece, gli altri azzurri: settimo De Rossi di Santa Rosa, decimo Spighi, diciassettesimo Umbertalli e diciannovesimo Benini. Il cavaliere cuneese, tra i più grandi di sempre, non solo sarà ricordato per essere stato il primo italiano a vincere nel salto ad ostacoli, ma anche nella veste di presidente della Federazione Italiana Sport Equestri, che guidò dal 1960 fino alla sua scomparsa avvenuta il 17 dicembre del 1965.

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